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Articolo di psicologia: «Attacchi di panico: segnali e attivazione»

La natura del panico e lo sviluppo del disturbo

Articolo pubblicato il 30 Maggio 2016.
L'articolo "La natura del panico e lo sviluppo del disturbo" tratta di: Attacchi di Panico.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Alessia Sarracini.

Un attacco di panico si ha quando in breve tempo si diventa molto spaventati in situazioni prive di pericolosità. Durante un attacco di panico si possono avere i seguenti sintomi:

  • palpitazioni;
  • respiro affannoso;
  • giramenti di testa o vertigini;
  • formicolii alle mani, ai piedi o in altre parti del corpo;
  • sensazione di mancanza d'aria o di soffocamento;
  • dolore al torace o senso di costrizione;
  • sensazione di svenimento, di instabilità, di sbandamento o di testa leggera;
  • sudorazione;
  • tremore;
  • debolezza alle gambe;
  • vampate di freddo o caldo;
  • bocca secca;
  • nodo allo stomaco o nausea;
  • vista annebbiata;
  • tensione muscolare;
  • confusione, impressione di non riuscire a parlare o a pensare in modo chiaro;
  • impressione che ciò che ci circonda non sia reale;
  • paura di comportarsi in modo bizzarro, di perdere il controllo, di morire.

Un attacco di panico isolato non rende automaticamente una persona affetta dal disturbo di panico (DP). Molte persone, infatti, non modificano il proprio stile di vita in seguito ad un primo episodio di panico.
Perché si instauri il disturbo dopo la prima esperienza di panico, il soggetto deve trascorrere gran parte del proprio tempo temendo i successivi attacchi o sperimentarli frequentemente.
Queste persone, diversamente da chi non svilupperà mai un DP, hanno una elevata disposizione a essere spaventati dalle normali reazioni fisiologiche legate alle condizioni d'ansia e cercano di evitarle in ogni modo.

Le persone con una bassa disposizione alla paura dell'ansia ritengono i suoi sintomi solo fastidiosi, non pericolosi; al contrario, le persone con alta disposizione a questa particolare paura credono che alcune sensazioni conducano a conseguenze catastrofiche quali:

  • malattia fisica/morte. Per es. sono terrorizzati dalla tachicardia perché credono che conduca alla morte per infarto;
  • perdita di controllo mentale/pazzia. Per es. temono la sensazione di confusione mentale perché preludio di pazzia o di perdita di controllo sui propri comportamenti "non rispondo più di me";
  • umiliazione/ostracismo sociale. Per es. non tollerano la sensazione di sentirsi tremare poiché credono che questa li porterà ad essere scoperti e ridicolizzati o rifiutati.

In altre parole possiamo dire che le persone candidate a sviluppare un DP non sono abituate a riconoscere le proprie emozioni, in particolare l'ansia, pertanto, in situazioni ansiogene, confondono le sensazioni corporee proprie di questa emozione per una malattia fisica che di lì a poco le porterà alla rovina.

Ognuno mostra di temere alcuni segnali d'ansia specifici, che però rappresentano una normale risposta fisiologica che da migliaia di anni fa parte del corredo biologico degli esseri umani: l'attacco o la fuga.
Tale risposta prepara il corpo a difendersi dalla causa della paura grazie ad un intenso sforzo fisico ed è un importante meccanismo protettivo.
Una volta terminato lo sforzo fisico di fuga o di attacco - quale potrebbe essere fuggire nel caso in cui qualcuno ci inseguisse oppure tuffarsi in acqua per mettere in salvo una persona - le reazioni fisiologiche scompaiono rapidamente.

Nel caso in cui invece all'attivazione fisica non segue alcuno sforzo - come accade durante un attacco di ansia in ufficio, o in mezzo al traffico - i cambiamenti fisiologici hanno più lunga durata, sono inopportuni e generano molta ansia, che a sua volta incrementa ulteriormente tutte quelle reazioni fisiche che ci predispongono all'attacco o alla fuga.
Il soggetto, pensando di stare meglio, metterà in atto dei meccanismi di evitamento e comportamenti protettivi, che non solo non riusciranno a proteggerlo dal panico, ma impoveriranno e limiteranno sempre più l'esistenza, fino alla depressione.
È in questa fase che in genere i pazienti cominciano a pensare di intraprendere una Psicoterapia.

Bibliografia
  • Clark D.M., Empirical status of the cognitive model of anxiety and depression, In Salkovskis P.M., Frontiers of Cognitive Therapy, Guilford, New York, 1996
  • Sassaroli S., Lorenzini R., Ruggiero G.M., Le fobie e il loro trattamento. In Bara G.B., Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva, Bollati Boringhieri, Torino, 2005
  • Lorenzini R., Sassaroli S., La mente prigioniera. Strategie di terapia cognitiva, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000

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