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Articolo di psicologia: «Psicologia Giuridica, Competenza, Ambito civile»

Psyche et Iustitia

Articolo pubblicato il 24 Marzo 2016.
L'articolo "Psyche et Iustitia" tratta di: Psicologia Giuridica.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Silvia D'Andrea.

Tra tutte le discipline che si occupano del comportamento umano, due in particolare sembrano essere agli antipodi: la Psicologia e la Giustizia.
La prima studia il comportamento umano in termini di origine e motivazione, analizzando diversi fattori che spingono l'uomo all'agire. Il Diritto, invece, regolamenta il comportamento umano, stabilendo ciò che è lecito e ciò che non lo è e fornendo punti di riferimento stabili sulla base dei quali giudicare le azioni altrui.

È quindi l'uomo, e più specificatamente il comportamento umano, il punto di unione tra la Psicologia e il Diritto; da queste considerazioni si è sviluppata la Psicologia Giuridica, ossia la Psicologia applicata al mondo forense.

L'area giuridica di maggior competenza della Psicologia si riferisce alla valutazione della "capacità" di una persona, valutazione che può trovare applicazione in ambito civile, penale e minorile. Diversi articoli presenti nel Codice Civile descrivono e regolamentano le varie capacità che devono essere valutate in ogni persona coinvolta in un procedimento giudiziario (per es. capacità di agire, di intendere e volere, genitoriale, etc.).
Ma essendo Psicologi, abbiamo sempre in mente che l'uomo è un animale sociale e per questo le sue azioni sono sempre da considerare nel contesto, nelle situazioni e con le persone in cui si manifestano.

In questo specifico ambito è di fondamentale importanza il supporto che noi possiamo dare al giudice: nell'emettere una sentenza, egli dovrà necessariamente tener conto del carattere della persona, della sua condizione di vita personale, familiare, sociale e dei motivi che lo hanno spinto a commettere un reato.

D'altro canto, però, il Legislatore vieta la possibilità di stendere perizie psicologiche sulla personalità e sulle caratteristiche psichiche dell'imputato per stabilire l'abitudine, la tendenza o la professionalità a delinquere: ciò trova spiegazione da un lato nel fatto che si vuole evitare di giudicare una persona solo sulla base di caratteristiche personologiche, non basandosi sui fatti e, dall'altro, per non trovare giustificazioni a qualsivoglia comportamento, offrendo una 'via di fuga' al colpevole.

Per ciò che concerne l'ambito civile, lo Psicologo è chiamato in causa nei casi di separazione/divorzio conflittuale, per stabilire l'affidamento del/dei minore/i. In tali circostanze è sempre opportuno ricordare che il fine ultimo della valutazione è l'interesse del/dei bambino/i: diversi studi hanno dimostrato che il benessere del bambino dipende dalla presenza emotiva, costante ed equilibrata di entrambi i genitori. Per tali motivi l'affidamento esclusivo ad un solo genitore è un'estrema ratio a cui il giudice deve ricorrete in circostanze particolari.

L'ambito in cui lo Psicologo giuridico ha maggiori possibilità di lavorare è quello minorile: il Legislatore pone un'attenzione particolare alla personalità del minore, alla possibilità di una finalità ri-educativa, e non solo punitiva, del processo. Lo Psicologo, quindi, è chiamato ad un'attività di diagnosi e prognosi per valutare l'imputabilità e la pericolosità sociale.

Per ulteriori approfondimenti
  • G. Gulotta, "Compendio di psicologia giuridico-forense, criminale e investigativa", Giuffrè Editore, Milano, 2011.
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