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Articolo di psicologia: «Disturbi alimentari: come affrontarli»

Disturbi alimentari: informazioni per familiari e amici

Articolo pubblicato il 9 Aprile 2018.
L'articolo "Disturbi alimentari: informazioni per familiari e amici" tratta di: Disturbi Alimentari.
Articolo scritto dal Centro SDAOS - Disturbi Alimentari e Obesità Cagliari.

Informazioni per familiari e amici di una persona che soffre di disturbo del comportamento alimentare

Accorgersi che una persona cara soffre di un disturbo del comportamento alimentare (DCA), può suscitare inizialmente paura, preoccupazione, sconcerto. Quest'articolo vuole essere di aiuto a tutte quelle persone coinvolte nel problema.
Non è facile capire come agire in una situazione così delicata.
Da tempo si sente parlare di questi disturbi, ma non sempre le informazioni sono corrette. È bene non agire d'impulso, in preda alle emozioni. Oggi, grazie alla ricerca e agli esiti di trattamento, esistono cure efficaci che permettono una piena guarigione. Ma come muoversi?

Prima di tutto sarebbe bene sapere quali sono i segnali indicativi di un DCA, in modo da poter distinguere tra una semplice e momentanea modifica del comportamento e l'inizio di un disagio vero e proprio.
In genere l'età d'esordio si colloca più frequentemente intorno a 14-15 anni, anche se negli ultimi anni si sta assistendo ad un aumento dell'incidenza di questi disturbi nelle bambine 10-11 anni.
Si può avere il sospetto di disturbo quando si osserva una drastica modifica del comportamento alimentare. Tale cambiamento si è attivato velocemente e si ripresenta frequentemente.
Oltre ad un diverso comportamento alimentare, si potrebbe osservare un frequente uso del bagno dopo i pasti, un iperattività fisica, irrinunciabile, presente quasi o tutti i giorni, ed una modificazione nell'umore.

Il primo tentativo che la famiglia tende spontaneamente a realizzare è quello di cercare di risolvere il problema attivando un controllo sul comportamento alimentare. Pensare di poterli battere in una partita sul controllo è una battaglia persa.
È stato dimostrato che questa strategia non funziona quasi mai e porta la persona a tenere celato il DCA e ad isolarsi.
Allora è bene considerare che il DCA è spesso un tentativo per affrontare un senso d'inadeguatezza e d'insicurezza… Porsi di fronte ad un ragazzo/a con questo disturbo significa porsi dinnanzi ad una persona che, per sentirsi sicura, amabile, adeguata ha bisogno di avere il controllo del proprio corpo, (si tratta di persone costantemente angosciate dall'ossessione del controllo del peso e del proprio aspetto fisico o dalla paura angosciosa di perderlo). Per dare aiuto alla ragazza/o è importante, invece, riconoscere la positività del suo sforzo di migliorarsi: infatti la persona trova nel cambiamento fisico una soluzione alla sofferenza provata per un sovrappeso, un'insicurezza interpersonale, problemi in famiglia, altro.
Il familiare dovrebbe mostrare che è la modalità usata per la soluzione del problema ad essere inadeguata e che insieme si può trovare una soluzione alla sofferenza.

È importante far comprendere che il valore di una persona non è dato solo dall'aspetto esteriore. Le tante energie impiegate per controllare il corpo prima o poi sono destinate ad esaurirsi ed il corpo tenderà a ribellarsi. È utile, quindi, aiutare a modificare gli assunti e le certezze, in particolare quelle sulla magrezza.

Ecco cosa osservare per capire se c'è un problema:

  • cosa mangia e cosa non mangia affatto? (es. evita carboidrati e dolci, predilige frutta e verdura);
  • cambiamenti repentini dell'umore e un frequente passaggio dall'euforia alla tristezza, rabbia, preoccupazione;
  • difficoltà durante i pasti di vario genere, tendenza ad evitarli (es. ho già mangiato fuori, non ho fame, mangio in camera, etc.);
  • può dedicarsi alla cucina. Sta a guardare mentre gli altri mangiano, ma non tocca nulla. Si manifesta molto contrariato/a se le persone non mangiano quanto ha preparato;
  • gradatamente tende a non vedere più amici, non cerca nessuno, rifiuta di uscire se qualcuno lo/a invita, evita di prendere parte alle occasioni speciali (compleanni, feste, pranzi in famiglia);
  • si mostra preoccupato/a della linea, richiede continuamente rassicurazioni sul suo aspetto nonostante sia magro/a o normopeso;
  • è spesso irritabile ed aggressivo/a;
  • ha modificato il ritmo sonno veglia;
  • può avere spesso freddo anche se la temperatura non è bassa;
  • si guarda spesso allo specchio;
  • fa un uso quotidiano della bilancia o evita del tutto di pesarsi;
  • chiede continue rassicurazioni anche in altri ambiti, come ad esempio lo studio;
  • si dedica alla preparazione di ricette per gli altri, ma lui/lei non assaggia niente;
  • ha difficoltà di concentrazione.

Non sarà mai un unico cambiamento tra questi ad essere sufficiente per sospettare un DCA; sono necessarie più modifiche del comportamento.

Riconoscere i primi sintomi può essere importante. In genere chi soffre di anoressia o bulimia non si ritiene "malato". È sicuro di potercela fare da solo/a, di riuscire a controllare gli eccessi a cui sottopone il corpo, per cui la rinuncia ad uscire con gli amici o i cambiamenti di comportamento non lo/a preoccupano quanto la paura di perdere il controllo sul comportamento alimentare e sul peso. Per questo è proprio chi gli sta vicino, a riconoscere i sintomi della malattia.
Il primo passo è condurre delicatamente la persona a prendere consapevolezza che c'è un problema, con l'obiettivo di portarla a chiede aiuto.
Può essere utile accostarla alla lettura di un libro che descrive la malattia o invitarla a prendere maggiori informazioni sul comportamento che osservate.
Elenchiamo di seguito alcune importanti indicazioni:

  • parlare, senza timore cercare un sostegno o parlandone con il medico/pediatra o con un terapeuta di un centro specializzato nei DCA, raccontando quanto state osservando, i vostri dubbi. Meglio fare qualcosa in più subito che trascurare e far passare tempo;
  • non ignorate il problema pensando che si risolverà da solo; è necessario considerare che agire in tempi brevi è importante sia per migliorare la prognosi che per ridurre le complicanze mediche;
  • evitare di sentirsi colpevoli come genitori. La ricerca dimostra che questi disturbi hanno un'origine multifattoriale;
  • evitare anche di colpevolizzare la persona attribuendo le sue difficoltà alla scarsa forza di volontà; è proprio il non poter rinunciare alla malattia che mette in evidenza l'esistenza di un disagio più profondo risolvibile solo ricorrendo ad un aiuto qualificato;
  • agire impulsivamente non aiuta. Bisogna accettare che certe malattie non possono essere guarite all'istante: essendo questi disturbi in sintonia con la persona è necessario condurre delicatamente ad una presa di coscienza del problema;
  • evitare di concentrare tutte le attenzioni sul comportamento-problema. Meglio mantenere un rapporto naturale e aperto, che favorisca il dialogo. Se questa situazione non era presente prima del disturbo, cercare di farlo ora, perché tutto si può cambiare. Solo attraverso il dialogo sarà possibile l'accesso alla persona sofferente;
  • le regole di convivenza non vanno cancellate per paura di creare ulteriori danni, sia per quanto riguarda il comportamento alimentare, sia per quanto riguarda l'educazione ed il rispetto delle persone;
  • evitare di comprare cibi speciali per invogliare la persona a mangiarli. Tale comportamento potrebbe creare un ulteriore difficoltà nella relazione, così come è estremamente importante chiedere alla persona che ha abbuffate di riacquistare i cibi consumati (per una questione di responsabilità, ma anche per rendere consapevole dei costi della terapia). Se la persona non ha nessuna possibilità economica può impegnarsi a dare un servizio in famiglia per compensare i costi;
  • il pranzo dev'essere un momento sereno, naturale, non un campo di battaglia, ovvero cercate di lasciare il problema fuori dagli argomenti di conversazione a tavola. Se la persona non vuole mangiare è importante che si sieda comunque a tavola. Se preferisce mangiare qualcosa di diverso, deve essere libero/a di farlo, purché se lo prepari da solo/a.
    Non concedere alla persona la possibilità di non presentarsi a tavola: questa è una regola importante da tenere, nel rispetto di tutti.
  • la persona con il disturbo dev'essere responsabile dei comportamenti della malattia, per cui non è accettabile che nasconda il cibo in varie parti della camera, o lo butti se non lo vuole o ancora se vomita lasci il bagno o altri ambienti sporchi. In queste situazioni è fondamentale che si assuma la responsabilità dei suoi gesti sia pulendo che riacquistando i cibi consumati in eccesso;
  • evitare i comportamenti preventivi - come mettere il cibo sottochiave o spiare e controllore i comportamenti - non sarebbe un aiuto efficace e si creerebbe un clima conflittuale;
  • evitate di avere aspettative eccessive sul figlio/a, chiedendo risultati eccellenti o perfezionismo a scuola; questi comportamenti, come gli studi dimostrano, possono essere altamente implicati nella malattia, in quanto lo stesso perfezionismo viene riportato anche sui fattori di mantenimento del disturbo come la dieta rigida, l'esercizio fisico eccessivo, etc.;
  • se in famiglia ci sono fratelli e/o sorelle che non soffrono dello stesso problema, non dimenticarsi di dare attenzioni anche a loro. Investire tutte le energie sul figlio/a malato potrebbe essere un rinforzo per la malattia, oltre che creare un ulteriore sofferenza al resto dei membri della famiglia;
  • cercate aiuto all'esterno. Rivolgetevi a degli specialisti altamente qualificati nel trattamento di queste patologie. Oggi le cure più qualificate prevedono un intervento integrato in equipe. Lo psicologo da solo o il solo nutrizionista non può aiutare la persona: è necessario sempre un lavoro congiunto da parte di entrambi. La condizione migliore è accedere a centri in cui è disponibile una terapia svolta in equipe multidisciplinare;

Queste regole vanno condivise e, una volta stabilite, saranno inderogabili se si vuole mantenere autorevolezza ed aiutare la persona a prendere consapevolezza del problema.

Se sei un amico/a e ti accorgi che lui/lei ha un disturbo alimentare, ecco cosa puoi fare:

  • resta vicino al tua/o amica/o senza esprimere giudizi sul problema. In questo momento ha bisogno di sostegno e comprensione;
  • non cercare d'intervenire sul suo comportamento alimentare in nessun modo. Questo problema va affrontato da uno specialista qualificato;
  • incoraggiala/o a chiedere aiuto (es. proponi tu un centro specializzato). Parlarne con uno specialista può aiutare ad accorciare i tempi di accesso alla cura e migliorare i livelli di consapevolezza;
  • trova un momento di tranquillità per parlare di quanto ti preoccupa e di ciò che vedi (cambiamenti nel suo comportamento, difficoltà a mangiare, etc.). Non aver paura di manifestare la tua preoccupazione e la tua sofferenza;
  • rassicurala/o: non è sola/o. Infondi ottimismo e speranza: guarire non significa diventare grassi; guarire significa uscire da una prigione;
  • se i tuoi tentativi falliscono e ti accorgi che la persona continua a peggiorare, puoi parlare con i familiari. In ogni caso è meglio non essere l'unico punto di riferimento.

Se sei un insegnante:

  • dai maggiore ascolto e attenzione alla/al ragazza/o che mostra di avere dei problemi;
  • lavora sulla sua autostima, incoraggia messaggi positivi che sottolineano l'importanza dell'accettazione di sé, dei propri limiti e difetti e della diversità in genere;
  • proponi ai ragazzi la lettura di libri;
  • proponi riflessioni su temi di vita come "il senso della vita, il senso della bellezza del corpo, etc.";
  • aiuta i ragazzi a discernere sui messaggi disfunzionali promossi nella nostra società, che enfatizzano la magrezza e la bellezza esteriore;
  • sensibilizza anche gli altri docenti e i genitori;
  • aiuta il ragazza/o a prendere consapevolezza del problema;
  • indirizzala/o verso un professionista che la/lo possa aiutare.
  • chiedi anche tu aiuto ad un centro che può indicarti come agire o darti opuscoli informativi da distribuire in classe;
  • se ne hai la possibilità, chiedi a degli esperti di venire a parlare di queste problematiche in classe.

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