Articolo pubblicato il 19 Luglio 2018.
L'articolo "Stare soli: bisogno o fuga dalle relazioni?" tratta di: Crescita personale, Relazioni e Amore e Vita di Coppia.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Valentina Moneta.
Sempre più spesso oggi si parla di individualità, ricerca della solitudine e fuga dalle relazioni.
C'è infatti chi sceglie di vivere in solitudine, chi vive la propria vita con un atteggiamento individualista. Un modo di stare al mondo che potrebbe essere scambiato per solitudine. Ma cerchiamo di capire meglio.
Stare soli per cercare la propria individualità rappresenta un modo di vivere che ci aiuta a rispettare noi stessi, ad andare incontro alla nostra essenza, a capire davvero chi siamo e cosa vogliamo dalla nostra vita. È una cosa positiva, che può esserci utile in alcuni momenti della vita. Ad esempio quando sentiamo che abbiamo bisogno di cambiare strada, di cambiare lavoro, di avvicinarci a ciò che ci rende felici.
Ciò che invece oggi sembra accadere più di frequente è che lo stare da soli non corrisponda ad una ricerca di consapevolezza. Essere consapevoli di sé non aumenta in modo parallelo alla libertà.
Stare soli ci fa sentire liberi, non abbiamo vincoli, non ci sentiamo legati a nessuno, non abbiamo orari da rispettare e nessuno a cui dare conto delle nostre azioni. In una parola: libertà. Ma questo coincide davvero con la consapevolezza? Corrisponde al conoscere se stessi?
Sempre più spesso succede che stare soli finisca per diventare un "ritiro", un'esperienza di chiusura al mondo, in cui ci si concentra esclusivamente nel lavoro, per esempio. Si finisce con l'osservare un'attenzione eccessiva su se stessi e sulle proprie gratificazioni, che a lungo andare diventano delle conferme, conferme che non si riescono ad ottenere dall'esterno, dalle relazioni.
Di quali gratificazioni parlo?
Ad esempio della cura estrema di sé, del comprare oggetti da accumulare, dell'avere una passione lavorativa o ricreativa che ci assorbe totalmente.
Si finisce per sviluppare una sorta di "fobia della relazione", come se l'altro possa annientarci, fino a farci scomparire. Come se condividere la vita con qualcuno significasse mettere da parte le proprie esigenze e la propria indipendenza, le proprie aspirazioni.
Allora può succedere che si decida di avere tante storie con tante persone, oppure di rifiutare totalmente i rapporti con gli altri. In entrambi i casi, si finisce per non scegliere.
E non scegliere significa lasciarsi aperte tutte le possibilità, sentire di non doversi assumere le proprie responsabilità. Non scegliere ci consente di non doverci confrontare con gli altri, di non dover dichiarare le nostre fatiche, le nostre fragilità, i nostri bisogni.
Non scegliere comporta il beneficio di potersi auto-giustificare.
Stare soli può essere utile in un momento della propria vita, in una fase di passaggio. A lungo andare ci allontana dalla realtà.
Allora cosa possiamo fare?
Proviamo a chiederci: qual è il mio scopo nella vita?
Proviamo a pensare cosa vogliamo raggiungere, cosa ci aiuta a restare noi stessi, quale obiettivo ci consente di fare ciò che è coerente con chi crediamo di essere.
Facciamo in modo che l'individualismo sia crescita, tempo per cercarsi e per trovare ciò di cui abbiamo bisogno.
Questo ci aiuterà poi anche a stare bene con gli altri, a non dipendere troppo dall'altro e a non delegare a qualcuno il nostro benessere.