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Articolo di psicologia: «Prediche, consigli, aiuto nella relazione di coppia»

Chi vuol essere salvato

Articolo pubblicato il 28 Gennaio 2013.
L'articolo "Chi vuol essere salvato" tratta di: Comunicazione.
Articolo scritto dal Dott. Giovanni Iacoviello.

Alleanza di aiuto nella vita quotidiana

"C'è sempre qualcosa di fatale nelle buone intenzioni".
Oscar Wilde
Introduzione, ovvero: "Il caso è servito"

Alcuni anni fa, al ristorante un mio amico fece la predica ad un altro che viveva una situazione problematica.
Mi sorpresi nel dirgli di evitare prediche, in quanto poteva farlo stare peggio. Il mio amico si sentì in colpa, e io pure. Non avevo fatto io stesso una sorta di predica? Cosa avevamo in comune io e il mio amico che predicavamo?
Ad entrambi mancava l'alleanza o l'accordo sull'aiuto.

Possiamo pendere dalle labbra di un amico o parente a cui abbiamo chiesto aiuto e comprensione tanto quanto da quelle di un professionista. Per contro, possiamo ignorare o considerare indesiderato e intrusivo un consiglio o un aiuto non richiesto, sia esso dato da un amico, un terapeuta o dal Presidente della Repubblica. In questo articolo ci interessa considerare cosa potrebbe accadere quando diamo un consiglio non richiesto, quando cioè, spesso con buone intenzioni (vedi sopra O. Wilde), vogliamo "salvare" qualcuno.

La coppia d'aiuto fallimentare

Proviamo ad immaginare una coppia in senso ampio.
Possiamo considerare due partner, ma anche due persone facenti parte di un qualunque tipo di interazione umana: due amici, un genitore e il figlio adulto, due conoscenti ecc. Poniamo che all'interno di tale coppia non vi sia "alleanza", cioè nessuno voglia essere "salvato", e che un nostro tentativo in tal senso possa manifestarsi in varie forme, quali ad esempio un consiglio, una predica, un'analisi della persona o del suo comportamento.

Il consiglio non richiesto

A titolo di esempio, poniamo di essere lontani da casa all'ora di pranzo, non sapere ancora dove mangiare ed avere una gran fame.
Consideriamo la fame il problema a cui far fronte in quel momento.
Poniamo che da una pizzeria sconosciuta, in una strada in cui non siamo mai passati, esca il gestore e ci dica: «Venga dentro a mangiare, signore, facciamo le pizze più grandi e buone della città!».

Il gestore ci sta quindi offrendo spontaneamente il suo aiuto.
Potremmo considerare forse strana la propaganda del gestore, o invadente, e nonostante questo decidere che abbiamo troppa fame per cercare un altro ristorante. Molti di noi però, percependo l'invadenza di uno sconosciuto, a torto o a ragione si tengono la fame e cercano un altro posto per mangiare, altri ancora non gradiscono appesantirsi con una pizza per pranzo o non amano la pizza. Al posto del gestore della pizzeria, possiamo immaginarci un amico o conoscente che, sapendo di un nostro problema, ci fornisca direttamente un consiglio o ci offra il suo aiuto senza che glielo abbiamo chiesto.

La predica

Descrivendoci i sette "ingredienti" del "dialogo fallimentare", lo psicoterapeuta Giorgio Nardone ci illustra sette tipi di comportamenti che i partner possono mettere in atto, ignari delle conseguenze, che allontanano inevitabilmente la coppia dall'intesa comunicativa e dall'armonia ("Correggimi se sbaglio", Giorgio Nardone, Ponte alle grazie, 2005).

Il quarto "ingrediente" è predicare, e l'autore ci descrive così i suoi effetti: «La struttura del fare la predica è il proporre ciò che è giusto o ingiusto a livello della morale e, sulla base di ciò, esaminare e criticare il comportamento altrui. L'effetto di questa azione comunicativa è di far venire voglia, anche in chi non ce l'ha, di trasgredire le regole morali poste a fondamento della predica stessa».
All'inizio del capitolo, egli riporta una massima di Oscar Wilde: «L'egoismo non consiste nel vivere come ci pare, ma nell'esigere che gli altri vivano come pare a noi». Ciò che viene descritto da Nardone riguardo alla coppia amorosa può essere applicato a qualunque tipo di relazione.

L'analisi

Chiunque può avere constatato che ci sono persone che tra le varie modalità comunicative hanno l'abitudine di descrivere l'interlocutore o analizzare le sue intenzioni o azioni senza essere stati chiamati per una consulenza!

Lo psicoterapeuta americano Arnold Lazarus (Lazarus, 2003) trova molto utile discutere, nella terapia di coppia, ognuna delle cosiddette "Sette Regole Basilari", la seconda delle quali stabilisce: «Non violentare la mente», per esempio non dire a un'altra persona quello che essa pensa o sente.
Possiamo pure immaginare la possibilità che un partner non venga neppure scalfito da queste puntualizzazioni o che non concordi con esse, ma queste possono comunque avere un effetto sulla relazione. Sia in un caso, che nell'altro, la comunicazione parte con premesse sfavorevoli all'equilibrio.

Si "salvi" chi può

Poniamo che io faccia parte di una coppia di attaccanti, di cui ognuno non vede rispettati gli schemi di gioco come vorrebbe. Più pretendo i miei schemi e più il mio compagno mi propone i suoi. Al che io li boicotto, tanto che lui prende i miei schemi ancora meno in considerazione.
Il dilemma è: "Come posso far cambiare gioco al mio compagno?".

Caso di terapia familiare.
Prima di cercare di rispondere alla domanda vorrei riportare alcuni elementi di un caso di terapia familiare a cui ho assistito.
La moglie riguardo al marito afferma: «Non mi aspetto che lui cambi».
Ha convinto il marito a venire in terapia e sembra dimostrare impegno per il bene della coppia. La donna sembra animata da tutte le buone intenzioni per "salvare" il loro rapporto. Eppure il problema, paradossalmente, potrebbe risiedere proprio in queste "buone intenzioni", così come potrebbe esserlo per me attaccante l'insistere sul mio schema di gioco, e proprio per questo ricevere in risposta sempre lo stesso gioco dal compagno.

Non sempre ci viene in mente la strategia più sicura per far cambiare gioco all'interlocutore, e cioè l'essere noi a cambiare gioco. Così, se una volta tanto lancio la palla al compagno proprio come l'avrebbe sempre voluta lui, dandogliela vinta, potrei spiazzarlo e costringerlo ad un gioco per forza diverso. In maniera simile, la donna potrebbe smettere di comunicare al marito che non si aspetta che lui cambi e trasmettergli invece un messaggio di fiducia.

Una mancata alleanza con un parente, amico o col partner può riflettere a volte un errore nella nostra comunicazione o nei nostri intenti.
Qualche volta, la maniera migliore per "salvare" qualcuno all'interno di qualsiasi relazione è "salvare" se stessi.
Nella prima metà del secolo scorso Dale Carnagie - scrittore, conferenziere, conduttore di corsi sulla Crescita Personale - scriveva: «Conoscete qualcuno che vorreste cambiare, rimettere in riga, migliorare? Bene, bella cosa. Ma perché non cominciate da voi stessi? Da un punto di vista squisitamente egoistico, dà molto più profitto che migliorare gli altri e fa anche meno danni» (Carnagie, 1936).
Subito dopo egli citava Confucio: «Non lamentatevi della neve sul tetto del vicino se non l'avete ancora spalata via dal vostro uscio».

Bisogna quindi evitare di aiutare la gente per non nuocerle?
Assolutamente no.
La società è meravigliosamente retta dalla collaborazione e dalla reciprocità, dallo scambio non solo di beni e servizi, ma anche di favori e attenzioni. Spesso possiamo aiutare chi ne ha bisogno - se ce lo chiede (ad eccezione dei casi evidenti e di emergenza) e se si tratta di un aiuto che realisticamente possiamo dare - o possiamo offrirglielo, appurandoci che sia bene accetto.

I tentativi di migliorare le persone invece, sembra che parlino più dei nostri bisogni che dei loro. Questo potrebbe accadere soprattutto quando si "lavora" in coppia, che essa sia amorosa, lavorativa o di gioco.
In tali casi l'aiuto che fornisco all'altro ha i suoi effetti anche su di me, quindi vale la pena chiedersi ogni tanto chi dei due cerco di aiutare. Ognuno ha sempre un poco ragione dalla sua prospettiva, e quindi è utile innanzitutto mettersi nei panni dell'altro e cercare di capire il suo punto di vista.

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