Articolo pubblicato il 7 Giugno 2013.
L'articolo "Intervento precoce nei problemi dei bambini" tratta di: Disturbi dell'Infanzia e Terapia Familiare.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Laura Alello.
Può capitare che i bambini manifestino, fin dalla più tenera età, una serie di disturbi che preoccupano i genitori, che vanno da difficoltà nel sonno, nell'alimentazione o nel controllo sfinterico, a disturbi comportamentali come aggressività, tendenza all’isolamento, oppositività, a problemi più gravi come i disturbi dello sviluppo.
Quando i genitori si trovano nella situazione di non riuscire a superare autonomamente i problemi che disturbano i loro bambini, è bene rivolgersi a uno specialista che possa aiutare tutta la famiglia ad affrontare la situazione stressante che si è creata, onde evitare il perdurare della difficoltà.
Le ricerche concordano sul fatto che i disturbi dell'infanzia, se non vengono trattati precocemente, tendono a cronicizzarsi. Ad esempio è stato valutato che i disturbi emotivi dell'infanzia - che molti credono possano risolversi spontaneamente - persistono quando non vengono trattati in più del 50% dei casi. Inoltre i bambini che hanno problemi di controllo degli impulsi a 3 anni risultano problematici anche a 8 e 12 anni.
I disturbi emotivi dell'infanzia
I bambini vittime di abuso e maltrattamento sono più soggetti, una volta divenuti adulti, a sviluppare disturbi d'ansia o depressione, inclinazione alla dipendenza da sostanze e correre altri rischi, rispetto a coloro che non hanno subito questo tipo di esperienze.
Anche i bambini che vivono in situazioni domestiche altamente problematiche - dove ad esempio c'è un'elevata conflittualità di coppia che non si estingue, o vi è in corso una separazione difficile che non trova un accomodamento - se non vengono seguiti insieme alle loro famiglie, rischiano di sviluppare disagi emotivi più o meno gravi, che tendono a perdurare nel tempo.
Ecco perché sarebbe importante intervenire il più tempestivamente possibile quando si ravvisano delle difficoltà nel proprio bambino e ci si trova nella situazione, come genitori, di non sapere cosa fare.
Quando si prendono in carico i bambini è importante occuparsi anche dei loro genitori, per evitare che i conflitti della genitorialità abbiano una ricaduta pesante sui bambini stessi.
Spesso i conflitti non risolti dei genitori con i propri genitori generano una specie di "cortocircuito", dove chi è costretto a farne le spese è il soggetto più debole, cioè il bambino, ma anche i genitori non vengono risparmiati. Inoltre, il bambino nasce con una sua dotazione di base che lo caratterizza, in particolare rispetto alle sue capacità di interagire con l'adulto.
Nessun bambino nasce uguale a un altro, e già fin dalle prime ore dopo la nascita ha un suo modo personale di rispondere agli stimoli esterni.
Questo duplice aspetto induce a pensare che il trattamento psicoterapeutico dei problemi dell'infanzia debba coinvolgere il bambino insieme ai suoi genitori, in un percorso che da un lato sostenga il bambino e lo aiuti a far emergere il suo stato emotivo prevalente - che è collegato all'espressione del disagio - e dall'altro accompagni i genitori ad una maggiore comprensione delle problematiche manifeste e li supporti nella ricerca del superamento dei problemi stessi.
Vediamo perché.
Le conoscenze acquisite in materia di sviluppo evolutivo ci dicono che, oltre ai fattori organici che caratterizzano il bambino fin dalla nascita e che appartengono al suo patrimonio genetico, dobbiamo tenere conto di elementi altrettanto importanti, come la plasticità del cervello, la resilienza e i fattori di protezione.
La plasticità del cervello
Forse non tutti sanno che... il cervello e il sistema psichico non sono "scatole nere" in cui la genetica ha già scritto tutto e niente si può più cambiare. È vero che ogni bambino nasce dotato di un proprio patrimonio genetico, ma le ricerche ci dicono che - nel corso dello sviluppo - l'esperienza è in grado di modificare a livello neurologico il suo funzionamento psichico. In pratica si tratta di un sistema aperto, le cui strutture interne sono ancora flessibili e aperte al cambiamento.
Lo sviluppo oggi viene disegnato come un continuo ri-adattamento e una continua ri-organizzazione del sistema biologico-psicologico e sociale del bambino. Se si interviene precocemente, quindi, è possibile modificare un funzionamento mentale che altrimenti potrebbe rimanere invariato.
La resilienza
La resilienza è la capacità - che ciascun individuo possiede in misura diversa - di "trasformare" le difficoltà e le esperienze negative, facendo fronte agli eventi traumatici o stressanti, come possono essere i traumi, i lutti o le malattie, riorganizzando la propria vita in un percorso adattativo o di adattamento. La resilienza è un processo che dipende dai modelli di attaccamento sperimentati durante l'infanzia e successivamente interiorizzati (cioè fatti propri), dalla personalità dell'individuo, dagli eventi della vita. Forse il fattore che più di ogni altro incide positivamente sul livello di resilienza di un individuo è la convinzione di avere il potere di cambiare le cose. Di qualsiasi problema si parli, l'idea è che sia possibile compiere azioni che indirizzano il percorso evolutivo del bambino che soffre, persino nei casi in cui vi è la presenza di una patologia. Nei casi di bambini molto piccoli, la resilienza dei genitori acquisisce un valore particolarmente importante.
I fattori di protezione
I fattori di protezione sono tutte quelle esperienze e quelle persone che riducono la catena negativa di eventi che possono originarsi da una situazione di rischio. È ormai riconosciuto da tutti gli approcci psicologici che le esperienze relazionali positive possono modificare i percorsi evolutivi durante l'infanzia, e non solo. La fragilità o la resistenza allo stress derivano dalle esperienze precoci molto più che da fattori costituzionali. Inoltre, se si associano risorse personali (caratteristiche innate, tratti di personalità e attitudini personali quali l'elasticità cognitiva, la capacità di superare problemi, le strategie di adattamento) e risorse ambientali (la famiglia, la rete sociale, gli altri supporti) l'effetto è che l'impatto positivo si moltiplica.
Tra i vari approcci, la Terapia Familiare con i bambini è un tipo di trattamento che si occupa proprio della presa in carico di tutta la famiglia - lavorando ora con il bambino e i suoi genitori e fratelli/sorelle, ora solo con alcuni - per raggiungere l'obiettivo di un miglioramento dei sintomi e di un maggiore benessere di tutti i membri familiari.
Quando un bambino soffre, tutta la famiglia soffre, e la capacità di mettere in campo risorse individuali e collettive può fare la differenza.
La richiesta d'aiuto da parte di genitori alle prese con i problemi dei bambini è un segno d'amore nei loro confronti, perché rende implicita l'accettazione di avere dei limiti e la disponibilità a interrogarsi sulle proprie difficoltà educative. Quando i genitori si chiedono il perché dei sintomi o di certi comportamenti del loro bambino, si stanno facendo domande sul senso che questi segnali hanno, ma non trovano una risposta risolutiva.
La terapia dovrebbe svolgere l'importante funzione di dare un senso a ciò che appare incomprensibile, trovare possibili soluzioni per superare i problemi e migliorare lo stato di benessere di tutti i membri della famiglia.