Articolo pubblicato il 8 Luglio 2013.
L'articolo "Come funziona la terapia di coppia" tratta di: Relazioni, Amore e Vita di Coppia e Tipi di terapia.
Articolo scritto dal Dott. Franco Fusi.
Spesso arrivano domande riguardo al come una terapia di coppia funziona, alla durata, ai costi, ecc.
Nel rispondere faccio ovviamente riferimento al mio personale modo di intervenire. Non scenderò troppo nei dettagli, proponendomi di offrire solo poche descrizioni a carattere - spero divulgativo- del metodo da me usato.
Rispetto alla durata occorre dire che: varia a seconda dei casi.
Ci sono coppie "allo sfascio", altre che hanno problemi di natura sessuale, altre ancora hanno vissuto un evento traumatico, altre faticano a entrare in relazione e, nel tentativo di avvicinarsi l'uno all'altra, si allontanano. A tutti suggerirei di non vedere la terapia di coppia nei termini di: inizio - cura - guarigione. Non siamo in medicina, tra l'altro non sono poi così tante le malattie che la medicina può veramente guarire. Esorto piuttosto a vederla in termini di miglioramento graduale di uno o più aspetti. Sarà poi la persona a decidere quando smettere e se smettere, avvertendo che qualcosa è cambiato, che adesso sa cosa fare e intravede nuove vie di uscita.
Il terapeuta può al limite dare un rimando alla coppia, informandola che nel percorso prevede di affrontare ancora alcuni aspetti, e può specificare quali. Tuttavia, per ragioni economiche e di altro genere, si può convenire che il lavoro fatto insieme sia soddisfacente.
Il lavoro potrà se mai essere ripreso in un secondo tempo e il terapeuta potrà rimanere a disposizione qualora ci fossero delle ricadute.
Quello che inoltre mi sento di dire è: non attendetevi interventi miracolosi che nel giro di poche settimane possano decostruire ciò che non va, e dall'altra parte offrire le basi su cui ricostruire una "nuova coppia".
A mio parere, dovete fare i calcoli con un tempo minimo di 6 mesi prima di poter valutare l'andamento della terapia sulla base dei primi effetti.
La terapia è più efficace se gli appuntamenti vengono frequentati con regolarità, una volta alla settimana.
Tenete anche conto che alti e bassi in fase iniziale sono normali e frequenti, quindi dire: «Sono stato male alla sesta seduta, è un segno che la cosa non funziona» è un ragionamento sbagliato.
La coppia chiede un cambiamento e ogni cambiamento senza un minimo di sofferenza è fasullo: ri-adattarsi implica una dose di stress inevitabile che sollecita emozioni non sempre piacevoli.
Il risultato sarà comunque liberatorio se la terapia è ben condotta e se c'è collaborazione da parte delle persone.
Riguardo al metodo da me usato (cerco di spiegarlo in modo un po' naïf) consiste essenzialmente nell'individuare le rappresentazioni interne di ciascuno dei due membri della coppia, individuarne significati ed emozioni annesse, valutare funzionalità e disfunzionalità di queste rappresentazioni interne, che sono poi modalità attive di interpretazione e filtraggio degli eventi. Questo è importante, perché in genere si tendono a riversare sull'altro i propri sistemi di valore e significato - in modo più acritico di quanto si pensi - assumendo una corrispondenza univoca con la "realtà" di un certo punto di vista.
Quindi le reali intenzioni comunicative vengono inevitabilmente distorte da un'opera di filtraggio: ognuno indossa le proprie lenti.
Tanto per fare un banale esempio: noto che mio marito tende a deprimersi quando mi sforzo di essere gentile e intraprendente con lui.
Quello che io penso e sento è che non gli piaccio più e che lui sta accettando con stanca rassegnazione la vita di coppia. Viceversa, il marito pensa e sente che la vivacità, intraprendenza, giovialità di sua moglie stanno a significare che lei sa vivere la vita, e che quindi c'entra poco con lui. Pensa che trovandola "in forma smagliante" ogni giorno... lei potrebbe benissimo fare a meno di lui e prendere il volo da un momento all'altro.
È certamente un esempio banale - le cose sono sempre più complesse nei casi non inventati - ma emblematico.
Ad ogni modo continuiamo: a questo punto potrebbe instaurarsi un circolo vizioso per cui la moglie - nel tentativo di "rivitalizzare" il marito - si attiva ancora di più... cerca di emozionarlo... ecc., col risultato che in lui si radica ancora più indelebilmente la percezione di una donna che non capisce cosa ci sta a fare con lui se ha tutta quell'energia! Quindi, lui non vede la sofferenza e gli sforzi di lei per "rianimarlo", e lei non percepisce che così facendo aumenta il senso di esclusione del marito e la sua depressione, quasi a rinfacciargli ogni volta che la vita è bella, che non c'è nessun motivo di abbattersi, e che il suo è una specie di capriccio. Dunque, lui come si sente? Profondamente incompreso, inaccessibile, forse colpevole.
Nella realtà le cose sono più complesse, ma volevo offrire uno stralcio di esempio per fornire almeno una vaga idea del fatto che spesso due persone si conoscono davvero molto poco, che hanno schemi diversi con cui filtrano gli eventi, schemi da cui derivano emozioni, pensieri, azioni cui l'altro non può che approcciarsi con pre-giudizi, che hanno più a che vedere con le proprie modalità di funzionamento mentale che non con la realtà dei fatti o la reale conoscenza dell'altro.
Ognuno adatta prima di tutto la realtà all'unicità di se stesso e delle proprie esperienze, non viceversa.
Quindi, nel mio metodo (che ovviamente, anche se personalizzato, non è il mio ma trae la sua ragione d'essere da innumerevoli ricerche e studi clinici), cerco di favorire nuove narrative degli eventi, in accordo coi diversi modi di costruire la realtà che ciascuno ha elaborato. Perché altrimenti, come già detto, i cicli o circoli viziosi con cui ci si raccontano le cose sono sempre quelli, e diventano cronici, rigidi, immutabili, patologici.
Qualcuno obietterà che rispetto a una persona con cui viviamo da molti anni si sanno molte cose. È vero solo all'apparenza.