Articolo pubblicato il 22 Luglio 2013.
L'articolo "Autostima: stessa ricetta per tutti o diversa per ognuno?" tratta di: Crescita personale, Autostima e Comunicazione.
Articolo scritto dal Dott. Giovanni Iacoviello.
All'epoca delle sue prime conferenze e articoli sull'autostima, negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, lo psicoterapeuta e scrittore canadese Nathaniel Branden ricorda che il termine non era ancora molto diffuso, mentre oggi il pericolo per lui è che l'idea sia diventata di moda:
«È sulla lingua di tutti, il che non significa per forza che il termine sia meglio compreso». Nel suo famoso libro "I sei pilastri dell'autostima" (2005) nota anche: «Se siamo poco chiari rispetto al suo significato preciso [...] lo avremo banalizzato».
C'è una sola autostima, benché ne esistano miliardi di versioni!1
Per Nathaniel Branden l'autostima pienamente realizzata è sentire di essere adeguati alla vita e alle sue richieste. Più specificamente è:
È comprensibile la preoccupazione per il fatto che un termine introdotto da un "addetto ai lavori", divenuto di largo uso, abbia più possibilità di fraintendimenti, tuttavia è inevitabile che alcuni termini di uso quotidiano vengano abusati e contaminati di significati. Se l'etimologia del termine stimare possiede i due significati di valutare e avere un'opinione, ognuno avrà in mente un significato della parola personalissimo.
Quando usiamo parole concrete come matita o sedia, facilmente indicabili, è difficile fraintendere nel riferirsi ad esse. Quando invece usiamo parole più astratte la possibilità di equivoco aumenta, così come aumentano le sfumature di significato individuali in base alla propria esperienza, come accade a concetti quali libertà, amore, correttezza, valori.
In teoria è possibile dare una definizione di autostima per poterci riferire tutti ad una stessa cosa, come ha cercato di fare Branden.
In questo articolo ci interessa sottolineare anche che nelle conversazioni quotidiane o nei discorsi dei partecipanti ai corsi di autostima (Crescita Personale) o nelle sedute di consultazione psicologica o di psicoterapia, emerge che ognuno ne ha una sua definizione personalissima, e laddove alcuni autori possono indicare i fattori che influiscono sull'autostima e i problemi ad essa correlati, possiamo anche osservare che i problemi che ogni singola persona può avere ed attribuire alla stima di sé possono essere molto diversi tra loro, e non suggerire necessariamente un comune modo di agire per risolverli.
Le persone vivono e descrivono esperienze e problemi in modi differenti.
Nei corsi sull'autostima con i miei colleghi, lavoriamo molto sulla qualità delle relazioni interpersonali e della comunicazione con gli altri, dato che il concetto che ognuno ha di sé è influenzato dal rapporto che ha con gli altri e la propria efficacia - percepita dagli altri e da sé in tale rapporto - lo influenza così come ne influenza la percezione propria e altrui.
Lo psicologo Albert Bandura la chiama autoefficacia.
Qualcuno potrebbe pensare che ci sia un modo giusto di intendere un concetto o di vivere e sentire un'esperienza, quando invece le diverse definizioni suggeriscono che, pur potendo condividere con altri opinioni, definizioni e aspetti di una realtà, la normalità è proprio data dal fatto che ci siano differenze individuali in tutti questi aspetti, e chi sente o descrive diversamente da altri gli eventi non si deve sentire "sbagliato".
Piuttosto ci sono modi più utili ed efficaci di vagliare gli eventi e reagirvi che mutano al variare di desideri, obiettivi, esperienze, modi di vedere e descrivere il mondo di ciascuno.
Vediamo dunque le definizioni di autostima da parte di alcune persone:
Queste sono solo alcune descrizioni, quindi immaginiamoci quante altre ce ne verrebbero fornite da un campione più numeroso.
Molto spesso già nella definizione possiamo scorgere il problema che una data persona attribuisce alla stima di sé carente.
Nella prima descrizione "uno scudo per difendersi dalle personalità più forti", possiamo aspettarci plausibilmente un problema in alcuni rapporti interpersonali. "Pensare positivamente" potrebbe riguardare il nostro umore o la tendenza a sentirci interamente sbagliati quando facciamo un singolo errore, o altro ancora. "Svegliarsi senza paure" potrebbe riguardare un problema più o meno sentito di ansia, forse riguardare un cambiamento in corso oppure una fobia che abbiamo da tempo.
La mia personale esperienza con i partecipanti ai corsi di Crescita Personale e con i pazienti in studio privato è che, dietro a una simile iniziale lamentela di autostima bassa, le varie persone possono avere il desiderio di risolvere dei problemi totalmente differenti, vuoi di umore, di ansia, di relazioni con gli altri sul lavoro, in famiglia, col partner, vuoi di pensieri intrusivi, blocco delle proprie prestazioni, timidezza. Forse allora potrebbe non essere utile usare l'autostima come un grande contenitore di tutti i problemi. Ciò potrebbe infatti suggerire erroneamente che tutti i problemi possano essere provocati da uno stesso fattore e che possano essere risolti nello stesso modo.
"Se un problema è grosso, fallo a pezzi".
(Albert Einstein)
Possiamo dare all'autostima la colpa di tutti i nostri problemi?
Se si dà un'occhiata sul web ad alcuni forum di discussione sull'argomento, si leggono dei resoconti molto differenti tra di loro. Da una parte c'è chi dice che non si piace fisicamente perché ha problemi di autostima. Da un'altra c'è chi si piace molto fisicamente, ma dice di avere poca autostima perché litiga con i genitori e non ha voglia più di uscire con gli amici.
Se la bassa autostima fosse una malattia con stessa causa e sintomi specifici, allora agirebbe nello stesso modo per tutti. Invece è solo un concetto, certamente utile, ma così generico e abusato che può far correre il rischio di includervi dentro tutti i nostri problemi. Se considerassimo tutti gli incidenti di una nazione in un anno, potremmo classificarli in modi differenti, ad esempio domestici, stradali, lavorativi e ludici.
È abbastanza evidente che i fattori che causano gli incidenti domestici, come le loro dinamiche sono necessariamente diversi da quelli automobilistici, da quelli nei cantieri o nella balneazione.
Lo stesso potremmo dire se considerassimo tutti i problemi dei pazienti dei medici o degli psicoterapeuti. Alcuni autori, come gli psicoterapeuti italiani Iudici e Fava, criticano la tendenza a mettere nello stesso "contenitore" teorico dell'autostima tante tematiche differenti. Potrebbe essere utile allora per il problema dell'autostima spezzarlo, come suggeriva Einstein, in problemi più piccoli.
La "sindrome dello studente di medicina": e se avessi tutti i sintomi del libro? Non è una malattia vera, ma solo un modo scherzoso per indicare la buffa tendenza degli studenti di medicina a trovare in se stessi tutti i sintomi delle malattie di cui trattano i libri che studiano. Una cosa simile viene vissuta da psicologi e infermieri. Leggendo un libro sull'autostima che elenca tanti aspetti diversi, potrebbe accadere un fenomeno simile.
Potremmo dire: «Questo ce l'ho... questo sintomo anche ...».
Per questo motivo è utile leggere un libro con un atteggiamento di curiosità e per propria cultura, ma è anche utile fare attenzione a non sentirsi affetti da tutte le manifestazioni possibili di una "bassa autostima".
Ogni persona, come visto, potrebbe avere un problema e non dover preoccuparsi di averne tanti altri solo perché li ha visti elencati insieme.
Il termine autostima può darci un aiuto classificatorio, non spiegare tutti i nostri problemi.
"Gli ostacoli sono quelle cose spaventose
che vedi quando togli gli occhi dalla meta".
(Henry Ford)
Migliorare le proprie abilità relazionali per il proprio benessere psicologico. «Nessun uomo è un'isola», recitava il titolo di un libro del monaco trappista statunitense Thomas Merton vissuto nel Novecento, ripreso a sua volta da un sermone di John Donne, poeta e religioso inglese, i cui primi versi recitavano: «Nessun uomo è un'isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del continente, parte della terra».
Che siamo uomini o donne, anziani o bambini, abbiamo sempre a che fare con gli altri. L'idea che abbiamo di noi è influenzata dal nostro rapporto con gli altri, che non deve necessariamente essere pensato come immutabile.
Possiamo in ogni momento modificare la nostra comunicazione, le nostre relazioni interpersonali, il nostro modo di reagire agli eventi, e non solo guardarci dentro per capire cosa non va. Spesso è molto informativo guardare fuori e osservare gli altri e la nostra relazione con loro.
Come notava lo psicoterapeuta Thomas Hora: «Per capire se stesso l'uomo ha bisogno di essere capito dall'altro. E per essere capito dall'altro, ha bisogno di capire l'altro».
Migliorare la nostra conoscenza degli altri e il nostro rapporto con loro, impegnarci per rispettare l'altro ed essere a nostra volta rispettati, coltivando una comunicazione efficace e non conflittuale, ci può aiutare a stare meglio con gli altri e con noi stessi, e ad avere valutazioni e opinioni sugli altri e noi stessi più elastiche per poterci adattare meglio alle situazioni interattive e alle difficoltà della vita.