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Articolo di psicologia: «Amore e fobia: paura delle relazioni»

Paura d'amare: la Philofobia

Articolo pubblicato il 5 Dicembre 2014.
L'articolo "Paura d'amare: la Philofobia" tratta di: Relazioni, Amore e Vita di Coppia e Fobie.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Cristina Mencacci.

La philofobia - dal greco "philos" (amore) "fobia" (fobia) - è la paura di amare o di innamorarsi, che impedisce di instaurare relazioni sentimentali, anche quando si provano sentimenti intensi per l'altra persona. Alla base vi è la convinzione che amare equivale a soffrire, pertanto il coinvolgimento affettivo è percepito come una minaccia da cui è necessario proteggersi.

Come si manifesta e chi sono i philofobici?
La philofobia è diffusa sia tra gli uomini sia tra le donne e insorge quando si è in procinto di intraprendere o approfondire una relazione sentimentale.

Si manifesta con gli stessi sintomi dell'ansia e, nei casi più estremi, dell'attacco di panico.
I philofobici, quando avvertono i presupposti per una relazione coinvolgente oppure la possibilità di instaurare un rapporto più stabile, sentono di non essere in grado di gestire le emozioni che l'esperienza comporta.

Per difendersi mettono in atto comportamenti di evitamento, come: mostrarsi distaccati, poco interessati, ridurre i contatti fino ad allontanarsi o interrompere la relazione.
Maggiore è la tendenza a scappare, più forte è la paura.

Alcuni philofobici razionalizzano il problema, con riflessioni tipo: "Non era il momento... non poteva andare", riversando le cause del fallimento relazionale all'altro o alla situazione.
Altri, invece, soffrono per la propria condizione, riconoscendo che le difficoltà affettive sono dovute alle proprie resistenze, ma preferiscono non rischiare e rimanere ancorati nel proprio guscio protettivo.

Spesso si tratta di persone realizzate nel lavoro, integrate socialmente, dedite a numerose attività con cui compensano il senso di solitudine interiore. Quando decidono di intraprendere una relazione sentimentale, scelgono storie complicate o poco impegnative, in modo da evitare di provare sentimenti intensi. In questo modo, possono coinvolgersi in modo limitato, senza oltrepassare una certa soglia emozionale.

Perché si ha paura d'amare?

Alla base di questi comportamenti c'è la paura di instaurare relazioni intime, percepite come una minaccia alla propria stabilità emotiva. Ogni persona possiede le proprie predisposizioni individuali e ha una sua storia affettiva e familiare, pertanto la paura di amare può assumere diversi aspetti.

Precedenti relazioni deludenti.
Una delusione amorosa o una serie di rapporti fallimentari possono inibire la possibilità d'intraprendere una nuova relazione, per tutelarsi dal rischio di un'altra delusione e della conseguente sofferenza.

Esperienze familiari dolorose.
Contesti familiari affettivamente freddi, svalutanti o in cui si sono verificati lutti, abbandoni, separazioni generano vissuti di insicurezza affettiva, da cui deriva un atteggiamento di diffidenza verso l'altro. Spesso, queste persone tendono proteggersi dall'innamoramento, per paura di essere nuovamente rifiutate o abbandonate, com'è accaduto con i propri genitori.

Sensazione di perdere il controllo.
Innamorarsi e amare significa provare emozioni intense.
Le persone che tendono a esercitare un controllo sulla propria vita hanno difficoltà a lasciarsi andare e accettare l'innamoramento. Quando instaurano una relazione in grado di attivare sentimenti profondi, si sentono smarriti e, per timore di destabilizzare il proprio equilibrio emotivo, preferiscono allontanarsi e rifugiarsi nel proprio mondo di certezze.

Difficoltà a esporsi.
Amare comporta aprirsi all'altro e svelarsi per quello che si è realmente.
Le persone con bassa autostima o particolarmente sensibili al giudizio altrui, nell'instaurare una relazione affettiva temono di mostrare i propri lati deboli e presunti difetti, ritenendo che - se il partner scoprisse la loro vera natura - li rifiuterebbe.

Senso di rinuncia.
La vita di coppia è impegnativa, in quanto implica accettare compromessi e adeguarsi alle esigenze dell'altro, presupposti che non tutti sentono di poter affrontare, preferendo non dover sacrificare la propria indipendenza e i propri spazi personali.

Resistenza al cambiamento.
Una relazione sentimentale prevede di lasciare le proprie certezze per sperimentarsi in una nuova esperienza, di cui non si conoscono gli esiti. Questo, per le persone con uno stile di vita molto strutturato e abitudinario, può costituire una minaccia all'equilibrio raggiunto ed essere percepito come fonte di ansia e preoccupazione.

Si può superare la paura d'amare?

La philopobia è una paura e come tale può essere affrontata e superata. Il processo di riuscita comporta innanzitutto di ricostruire, magari con l'aiuto di un professionista, la propria storia affettiva, individuando quali condizionamenti possano aver impedito la realizzazione o il mantenimento di un legame sentimentale.

Successivamente, è essenziale affrontare in modo graduale ma concreto le proprie paure.
Nel momento in cui, dinnanzi alla possibilità di instaurare un nuovo rapporto, si percepisce insicurezza e timore, anziché seguire l'impulso di fuggire, sarebbe opportuno chiedersi cosa stia accadendo e cosa realmente si teme da questa relazione.

La fuga e l'evitamento non eliminano la paura ma la rafforzano, alimentando dubbi e senso d'insoddisfazione. Mentre, mettere alla prova i propri timori permette di appurarne l'infondatezza e interrompe il circolo vizioso paura-allontanamento. Per sperimentarsi nella nuova condizione, si può prendere un periodo di tempo rivolto all'approfondimento della reciproca conoscenza, mantenendo i contatti con una frequenza moderata.

Gestire il rapporto con i propri ritmi, riservandosi i propri spazi personali, permette di acquisire fiducia nell'altro e, di conseguenza, attenuare le reticenze e il senso di diffidenza. In questa fase, è importante vivere la relazione giorno per giorno, senza fare previsioni sui possibili esiti, ma apprezzare quanto di piacevole il contatto con l'altra persona può offrire.

Aprirsi al dialogo. Quando si è stabilito un clima di sintonia si possono esprimere le proprie preoccupazioni al partner. L'apertura al dialogo comporta, oltre la possibilità di chiarirsi sulle reciproche aspettative, la riduzione dell'ansia e la conferma dell'infondatezza delle proprie paure.

Cosa fare quando ci si innamora di un philofobico?

L'esperienza con un philofobico è destabilizzante e fonte di confusione e sentimenti di auto-svalutazione.
Di solito, la richiesta di consulenza psicologica avviene dal partner deluso, il più delle volte donna, che non comprende il comportamento dell'altro, sperimenta uno stato di profondo disorientamento, cui si accompagnano una miriade di domande riguardo a possibili errori commessi...

"Cosa è successo?". "Dove ho sbagliato?".
"Sono io che non vado bene?
".

Nella ricostruzione delle storie si individua una sequenza costante in cui - a un breve periodo di coinvolgimento da parte di entrambi i partner - segue un improvviso allontanamento di uno dei due senza che sia accaduto qualcosa di specifico. Alla richiesta di spiegazioni, il philofobico fornisce giustificazioni apparentemente logiche, ma inconsistenti.
Qualora il partner deluso perseveri nelle sue richieste di chiarimento, ottiene solo una maggiore resistenza ed evitamento.

La domanda posta da queste persone è: "Cosa posso fare?".
Non è possibile fornire una risposta univoca a questa domanda, perché il resoconto di ogni storia è filtrata dalla propria visione della vita di coppia, con i suoi bisogni e aspettative.

Allontanamento drastico.
In linee generali, se il philofobico ostenta un allontanamento drastico, sparendo e non facendosi trovare, probabilmente resterà ancorato alle proprie convinzioni di non volere legami.
Di conseguenza, la possibilità di un riavvicinamento è praticamente nulla e gli eventuali contatti saranno sterili e deludenti.

Avvicinamento/allontanamento.
Se, invece, la persona instaura un tipo di dinamica di avvicinamento e allontanamento, mostrando che vuole mantenere un qualche filo di unione, "potrebbe" rivalutare l'opportunità d'instaurare una relazione, ma sempre con cautela e seguendo i propri tempi nel coinvolgimento emotivo.

Arrendersi o combattere?

La scelta più funzionale sarebbe rinunciare a questo legame, che si profila come problematico e costellato da un'altalena di speranze e disillusioni, ma spesso chi è innamorato non vuole arrendersi.

Appello alla razionalità.
In questi casi, è opportuno fare appello all'emisfero sinistro del cervello - sede della razionalità - che nell'entusiasmo dell'innamoramento è offuscato da quello destro - sede delle emozioni - chiedendosi se ne vale davvero la pena e a cosa sia dovuta la perseveranza verso questa relazione.

Tolleranza all'incertezza.
Un secondo passo è quello di valutare il proprio grado di tolleranza all'incertezza. Quando si decide di permanere nel rapporto con un philofobico, è opportuno essere consapevoli di dover convivere con l'incertezza e che non ci sono garanzie di riuscita.

Spirito di adeguamento.
Lo sviluppo della relazione implica di adeguarsi ai ritmi d'innamoramento dell'altro, senza essere pressanti e astenendosi dal porre domande invadenti del tipo: "Perché fai così? Cos'è che non va tra noi?".

Attento monitoraggio. Questo tipo di rapporti necessitano, comunque, di un attento monitoraggio, osservando i passi in avanti e i propri stati d'animo. Il rischio è quello di rimanere bloccati in una relazione ambivalente, che comporta uno stato d'attesa frustrante e preclude la possibilità di vivere altre opportunità sentimentali.

Attenzione a non generalizzare

Attenzione a non giustificare ogni tipo di allontanamento del partner come "paura d'amare". Molte rotture sentimentali, anche negli stadi iniziali, sono dovute ad altri fattori, come: incompatibilità caratteriali, aspettative diverse nei confronti della relazione, divergenze d'interessi o di stile di vita.

Per non cadere nell'auto-inganno disfunzionale: "Lui ha paura d'amare, deve solo fidarsi di me..." e, quindi, nutrirsi di false speranze, è opportuno valutare in modo obiettivo se il rapporto era incrinato da perplessità e malcontenti, manifestati in modo più o meno esplicito dal partner.

"L'amore è come le epidemie: più uno le teme,
più è esposto al contagio
".
(Nicolas de Chamfort, "Massime e pensieri", 1795)

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