Home / Italia / Dott Giorgio Colopi / Articolo Psicologo

Articolo di psicologia: «Pensiero positivo: cambiamento e crescita personale»

Identità e cambiamento

Articolo pubblicato il 7 Gennaio 2015.
L'articolo "Identità e cambiamento" tratta di: Crescita personale e Pensiero Positivo.
Articolo scritto dal Dott. Giorgio Colopi.

"Dimenticare? Che sciocchezze!
Io vi sento sin dentro alle mie ossa
"
("La porta chiusa", J.P. Sartre)

Ricordo una lezione all'Università, sono passati più di quindici anni.
Il professore fa parlare due giovani Psicologhe fresche di Laurea che hanno aperto una Cooperativa, si occupano di gente di strada e senza fissa dimora. Sono vestite in un modo semplice e colorato.
A fianco a loro c'è un uomo di una sessantina d'anni con la pelle consumata, i capelli pettinati con cura e laccati, una vecchia giacca sulle spalle e una camicia di cotone chiara.

Diana e Paola stanno raccontando come il loro iniziale entusiasmo, il loro desiderio di "salvare" tutti, si sia levigato col tempo sotto la ruspa dell'esperienza in una più mitigata, ma testarda, ostinazione a proseguire il loro impegno.

Non è stata la difficoltà di reinserimento sociale, né i pregiudizi della gente, né tanto meno l'interesse relativo delle istituzioni a favore di settori considerati più nobili; si sono scontrate con qualcosa che non avevano minimamente considerato: l'abitudine.
Avevano ignorato che quelle persone si sentissero dei barboni, lo erano diventati col tempo e non era affatto scontato che fossero immediatamente disposti a mettere in discussione la loro identità, seppure nella loro frustrante condizione.

Ora parla l'uomo con la giacca, Carlos, è imbarazzato, gli trema la voce.
«Al contrario di quello che forse pensate, nessuno nasce barbone, tutti noi un tempo siamo stati qualcosa di diverso. Prima di finire in Italia io avevo un negozio di frutta e verdura in Argentina».
Racconta la sua storia, complessa e incredibile come un romanzo.
Carlos era un commerciante argentino, ora è un barbone che sta cercando un'alternativa.

Penso a quelle sagome rattrappite nei cartoni con quella puzza insopportabile che mi è capitato distrattamente di vedere nei sottopassaggi della stazione Termini, e mi rendo conto che non ho mai immaginato il loro passato, tanto meno uno diverso dalla condizione attuale.

Essere niente. Quelle persone che un tempo sono state impiegati, operai, artigiani, tuttofare, ma anche imprenditori e persino manager, sono state mogli, padri, zie, proprietari di automobili, affittuari di appartamenti, persone che avevano un vita fatta di abitudini e di regole da rispettare, ad un certo punto della loro vita, per colpa loro o degli altri, si sono ritrovate ad avere niente in mano e, soprattutto, a sentire di essere niente.

È agghiacciante pensare che per molti di loro ci sia stata una data esatta riconducibile a questo terremoto.
Il giorno dello sfratto, il giorno in cui tornando a casa si sono accorti che il loro compagno è andato via di casa senza dire una parola, il giorno del licenziamento, il giorno in cui hanno perso i documenti.

Spesso c'è stato un momento preciso in cui tutto è crollato, che segna nettamente la fine di ciò che sono stati.
Ma nessuno può essere niente a lungo.
Piano piano sono andati a cercare un'identità, allo stesso modo in cui ritornavano nei posti in cui avevano trovato cibo o riparo. Non possiamo fare a meno di un identità, come non possiamo fare a meno di una casa, anche se è un pezzo di cartone nel sottopassaggio della metropolitana.

L'identità è l'insieme di tutto ciò di cui faccio esperienza, il modo in cui gli altri mi guardano, e se tutti iniziano a guardarmi come un barbone arriverà il giorno in cui - alla domanda «Chi sei?» - smetterò di rispondere: «Un ex camionista» e dirò semplicemente: «un senza fissa dimora».
Col tempo, anni su anni, l'essere barboni è diventata per quella gente una nuova identità, a cui hanno imparato ad aggrapparsi, che li ha protetti da pensieri più cupi, identità fatta di piccole abitudini, di nuova gente conosciuta, di segreti per rimediare da mangiare, di posti in cui si può cercare riparo per brevi periodi, di cartoni che riparano dalla pioggia.

Ed io adesso cambio argomento e penso a le persone che cercano il mio aiuto come Psicologo perché stanno male. Anche loro hanno un'identità, anche loro sono diventati ciò di cui hanno fatto esperienza.

Giulio (nome e storia inventati) è "diventato" la severità del padre, gli incoraggiamenti mai ricevuti, le risate dei compagni di classe per il modo in cui andava vestito, è diventato le partite a calcetto con gli amici, le ragazze con cui è stato, i viali in cui per anni ha passeggiato la sera, il modo in cui gli altri lo hanno chiamato.

L'identità è come il nome, qualcuno lo ha deciso per noi, Giulio, forse perché gli piaceva. Tutti iniziano a chiamarci così ed alla fine quando qualcuno chiede «Tu chi sei?», noi rispondiamo «Giulio», senza neanche pensarci. Però a volte succede, più o meno metaforicamente, che quel nome non ci piaccia affatto, non ci sia mai piaciuto ed allora cerchiamo il modo di cambiarlo, cerchiamo di metterci in discussione, ma non è facile, perché ci siamo abituati.

Mi viene in mente una storia, non ne ricordo l'origine, di un genio che viveva in una lampada e desiderava tanto uscirci.
Pensava tra sé e sé, «se qualcuno mi libera di qui io gli sarò molto riconoscente ed esaudirò tutti i suoi desideri».

Passarono i giorni e le settimane ma non venne nessuno.
Il genio pensò «possibile che non ci sia nessuno che venga a liberarmi?
Se venisse adesso non esaudirei tutti i suoi desideri ma ne esaudirei solo 3, essendogli comunque riconoscente
».
Passarono gli anni, il genio divenne vecchio e stanco ed iniziò a pensare «se qualcuno si azzarda a tirarmi fuori di qui lo ammazzo».

Questa storia si può leggere in tanti modi ma per me racconta soprattutto il potere dell'abitudine di mutare i nostri desideri.
Non credo affatto che sia impossibile cambiare, non farei il lavoro che faccio altrimenti, ma credo che ci voglia impegno e lavoro.

Come quando si vuole imparare una lingua straniera, ad esempio l'inglese: più siamo radicati in un posto, più persone abbiamo intorno che parlano italiano e più sarà difficile fare qualcosa di diverso, cioè parlare un'altra lingua. Fare una vacanza in Inghilterra aiuta molto.

Per approfondire

Rendi più visibile il tuo Studio in Internet
ricevi contatti mirati in base alle tue competenze

Area Professionisti:

Contatta la Redazione: 0547.28909
tutte le mattine dal lunedì al venerdì 9:00-13:30