Articolo pubblicato il 4 Febbraio 2016.
L'articolo "Riflessioni sulla coppia" tratta di: Relazioni e Amore e Vita di Coppia.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Marcella Dittrich.
Le richieste più frequenti ruotano intorno al tema della coppia.
Si toccano questioni che riguardano la fase iniziale, cioè ancora prima dell'incontro vero e proprio: ad esempio si desidera capire chi può essere la persona giusta per sè, come riconoscerla, come vincere la timidezza nell'approccio, o ancora come affrontare una ferita affettiva per una relazione andata male, oppure si chiede aiuto per riuscire veramente a separarsi da un legame del passato che non si è in grado di chiudere definitivamente.
Ci sono persone, invece, che non riescono ad andare oltre alla fase di innamoramento, il periodo in cui si vede il partner come una persona ideale, più sotto la luce di desideri ed emozioni personali che non per come veramente è.
A volte, invece, c'è già una relazione, ma ci sono difficoltà di comunicazione che impediscono di stare bene insieme, di condividere piacevolmente obbiettivi o situazioni.
Ci sono persone che colgono una ricorsività nei problemi che incontrano con il partner, quindi in relazioni con persone diverse le dinamiche tendono ad essere simili.
O ancora ci sono accadimenti importanti nella coppia per via di scelte evolutive, come la nascita di un figlio che obbliga a modulare diversamente il rapporto a due, a trovare spazi e tempi diversi per stare insieme, a gestire compiti e responsabilità che prima erano inesistenti.
Un altro punto cruciale nei cambiamenti di coppia riguarda persone che stanno insieme da molto tempo, che hanno figli che iniziano ad essere abbastanza grandi e che si chiedono se ancora provano qualcosa per il compagno/a, se desiderano condividere ancora spazi di vita con quella persona dal momento che il sentimento prevalente sembra essere l' estraneità e la stanchezza. Spesso la sofferenza viene avvertita ed espressa più dalla parte femminile, che chiede allo Psicologo come affrontare sentimenti di solitudine e di disaffezione conseguenti.
Si può fare un discorso generale, a grandi linee evolutive, ma i tempi non sono così lineari e i cambiamenti non sono costanti.
Ad esempio di recente ho incontrato una coppia di persone sposate da circa trent'anni, in forte crisi perché la moglie aveva deciso di parlare al marito di un tradimento avvenuto trentacinque anni prima, quando erano fidanzati. Il dolore causato da un tradimento che sembrava così attuale nonostante i molti anni trascorsi, ha infranto quell'immagine idealizzata che lui si era costruito nei confronti di lei, portando a galla desideri e necessità trascurate.
Chi è l'altro? Come sta con me? Cosa cerco io nella coppia? Quante volte non solo si evita la domanda, ma non si prova neppure a rispondere, lasciando girare dentro di sè qualche pensiero o emozione. È molto più frequente incontrare coppie che si accusano a vicenda.
Una coppia che non fa mai manutenzione del proprio rapporto, che non trova le parole per esprimere malesseri o desideri, per lavorare su possibilità di cambiamento, facilmente perde il piacere di stare insieme e la vita a due si cristallizza: nel migliore dei casi diventa noiosa, nel peggiore vuota.
Tutti noi arriviamo a costruire la coppia trasferendo le modalità di relazione di cui abbiamo fatto esperienza nella nostra famiglia d'origine.
Per molto tempo abbiamo osservato come i nostri genitori si relazionavano tra di loro, come si comportavano con noi, abbiamo assorbito dei copioni di comportamento di cui il più delle volte non siamo neanche pienamente consapevoli.
Ci sono modalità che vorremmo ricreare nella nostra coppia, altre invece che vorremmo decisamente modificare.
Per questo motivo è possibile che il compagno/a sia un insegnante eccezionale: spinti dall'eros e dall'affetto, ci mettiamo in gioco nel rapporto e l'altro può aiutarci a vedere la ripetitività di meccanismi disfunzionali che vengono dal passato e aiutarci a cambiarli.
Per apprendere, però, bisogna essere sufficientemente aperti e disponibili a mettersi in discussione; questo modo di disporsi non è scontato né automatico.
La fiducia nei confronti dell'altro da un lato si costruisce gradualmente nel corso della conoscenza reciproca, dall'altro fa anche parte di una esperienza che ci portiamo dentro da quando eravamo bambini molto piccoli.
Erickson, uno Psicoanalista allievo di Freud, descrive con chiarezza come la prima fase dello sviluppo è quella in cui il neonato, completamente dipendente dall'esterno, può sviluppare un'aspettativa positiva nei confronti della madre e dell'ambiente.
Se nel corso dei primi due anni il bimbo troverà una costanza di cure affettive e materiali, si disporrà con un'attesa fiduciosa nei confronti degli altri. Se invece le cure non saranno costanti, potrà trovarsi inondato da angosce che non è in grado di gestire da solo. La fiducia nell'altro, allora, sarà una disposizione d'animo da costruire con difficoltà.
Ricordo un giovane uomo che chiese una consultazione perché, pur allacciando diverse relazioni, non capiva perché dopo breve tempo si stufava e rompeva il legame trovando la compagna del momento inadatta. Nel corso del lavoro fatto insieme fu possibile mettere a fuoco che la noia e la distanza erano in realtà delle emozioni che avvertiva e che lo aiutavano inconsapevolmente a mantenere una distanza e un controllo nella relazione. Chiarito questo meccanismo, fu possibile entrare più in contatto con i suoi desideri, quindi immaginare anche sulla base delle sue esperienze che tipo di donna sentiva piu adatta a sé e, gradualmente, costruire una relazione in cui riuscire a lasciarsi coinvolgere sentimentalmente e scoprire le proprie fragilità. Un percorso che ha richiesto tempo e un fine lavoro di consapevolezza.
In questo caso avevamo come alleata una forte motivazione del paziente nel cercare di modificare la solitudine di cui soffriva e di costruire una relazione di coppia soddisfacente. Perché è vero che il passato può essere molto condizionante soprattutto se è stato doloroso, ma c'è nella maggior parte dei casi un ampio margine di cambiamento che consente di creare una condizione di benessere autocentrato.
A volte restare abbarbicati al passato è un modo per evitare la difficoltà di chiedersi qual è il proprio desiderio e per evitare l'incertezza del mettersi in gioco con scelte personali e la paura di soffrire.
Per vivere con pienezza in effetti qualcosa si deve rischiare.
Naturalmente ha un ruolo importante: la vicinanza affettiva, il gioco delle emozioni vitali che si possono mettere in moto nell'intimità sono un buon carburante per consentire un riavvicinamento e un benessere anche su altri piani della vita a due. Certe tensioni o visioni diverse possono mitigarsi grazie alla tenerezza che circola nella coppia.
Viceversa, quando è assente qualsiasi intimità, le posizioni di uno e dell'altra possono irrigidirsi, la distanza aumentare, l'incomunicabilità diventare come un muro. D'altro canto la sessualità è comunque una forma di relazione ad un livello più profondo, intimo (quando funziona bene), quindi non è disgiunta dal resto del rapporto.
Ci sono coppie che invece hanno sostituito le coccole, la vicinanza affettuosa, con il rapporto vero e proprio e stanno comunque bene così. Se invece l'astinenza sessuale è subita da uno dei due membri della coppia, può portare a sofferenze e malumori che sarebbe importante non sottovalutare.
È ovvio che stiamo parlando di tendenze, perché è impossibile stabilire leggi assolute in questo campo, dal momento che le variabili che ciascuno porta, i condizionamenti sociali, sono infiniti e hanno caratteristiche specifiche in ogni coppia.
Questo è un punto che mi sta molto a cuore.
Vedo spesso persone cadute nell'equivoco della "coppia totale". Forse in parte è un po' retaggio di una cultura passata. Però credo che se i due partner rimangono prima di tutto individui, con le proprie aree di indipendenza, di interesse, di amicizie, questo non possa che arricchire la vita a due, portando spunti sempre diversi ed esperienze nuove da condividere.
Quando invece la coppia si chiude rispetto all'esterno e tende a far piazza pulita di ciò che non è condivisibile con l'altro, il rischio è che nel tempo la vita in coppia diventi sterile.
Può essere tipico della fase iniziale del rapporto il bisogno di stare tra sé e sé e di escludere il mondo, per conoscersi meglio e per godere il più possibile l'uno dell'altra. Ma se diventa una modalità costante il clima può diventare "mortifero".
A volte l'esterno fa paura, è visto come destabilizzante e quindi si cerca in tutti i modi di escluderlo. Sono aspetti che hanno spesso a che vedere con insicurezze personali e con bisogni di accudimento da parte dell'altro, di cui si vorrebbe realizzare un possesso esclusivo per la paura di perderlo. In questo caso, allora, prima ancora di essere una questione di coppia è un problema individuale da affrontare singolarmente.
Ricordiamoci che il compagno/a non può essere il nostro terapeuta: rischia di essere inefficace, oltre che di assumersi un compito faticoso che non ha né il potere né gli strumenti per portare avanti correttamente.
La coppia chiede consiglio ad uno Psicoterapeuta per affrontare un problema specifico o una situazione di crisi più generalizzata, semmai con l'idea di provare a salvare il rapporto prima di pensare a separarsi.
Di solito i partner sono intrappolati in modalità di comunicazione speculari di cui non si accorgono e quindi non riescono a modificarle. Per questo un professionista, osservatore neutrale esterno, è nella posizione ideale per cogliere quei meccanismi e spiegarli. Ad esempio di recente ho incontrato una coppia in cui lei accusava il marito di essere assente, poco empatico, disinteressato alla vita di famiglia. Più lei lo incalzava e rimproverava, più lui si chiudeva, rispondeva a monosillabi e rientrava nel ruolo della vittima sacrificale.
Nella coppia i meccanismi proiettivi (vedere aspetti propri nell'altro ma non esserne consapevoli) sono costanti, ma se diventano massicci bloccano il dialogo costruttivo e impediscono di entrare in contatto con i propri sentimenti autentici e con quelli del partner, che possono essere piuttosto diversi, sconosciuti.
Una coppia che viene in terapia da un po' di tempo e che ha fatto questo lavoro si riconosce perché la comunicazione non è più incentrata su quello che fa l'altro, giusto o sbagliato che sia, ma su di sé, cioè su cosa prova, cosa vorrebbe, come si sente nella relazione con il partner. Questo apre a una conoscenza reciproca più profonda e aiuta a cambiare schemi vecchi non sono più funzionali al benessere.
Quindi una buona relazione di coppia, che dura nel tempo, non è qualcosa di automatico o di dato a priori, ma è frutto di un lavoro personale di consapevolezza e di scelta, di energie investite in questo senso.
È un lavoro che richiede un esercizio di autodisciplina costante.