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Dott.ssa Marzia Burlando
Rabbia, pensieri, distorsioni, Torino (TO)

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I pensieri negativi e le distorsioni cognitive che alimentano la rabbia

Articolo pubblicato il 13 Settembre 2016.
L'articolo "I pensieri negativi e le distorsioni cognitive che alimentano la rabbia" tratta di: Rabbia.

La rabbia è un'emozione che accompagna da sempre gli esseri umani. Rappresenta la reazione ad un ostacolo, ad un divieto, ed esprime il bisogno vitale di affermare il proprio Essere. È funzionale alla nostra sopravvivenza, come la paura; è una sorta d'allarme che ci avvisa quando qualcosa di dannoso ci sta accadendo. È una reazione che permette di attivarci quando sentiamo che qualcuno o qualcosa ci sta minacciando.
Tuttavia se la rabbia diventa un disagio emotivo e comportamentale costante e non solo uno sfogo occasionale conseguente alle piccole e grandi frustrazioni della vita, è fondamentale intervenire.

Ogni persona reagisce alla rabbia in modo diverso. Qualcuno la reprime, la ingoia e altri, invece, la manifestano con tutta la sua violenza. Entrambi i comportamenti non sono funzionali al nostro benessere psicologico. Soffocare le manifestazioni d'ira è deleterio per la salute psicofisica: stati depressivi, problemi psicosomatici come gastriti e cefalee, possono colpire le persone eccessivamente accomodanti. Chi invece manifesta la rabbia con violenza e senza alcun controllo, si trova ad affrontare grossi disagi relazionali. Inoltre, se a scatenare l'emozione sono conflitti con persone con cui si vive un rapporto più importante, la reazione aggressiva che si scatena può essere particolarmente dura, sia che venga espressa o venga introiettata.

Come per ogni emozione, anche la rabbia non è necessariamente giusta o sbagliata. È importante riconoscerla e comprendere come gestirla nel modo più efficace possibile, seguendo una serie di fasi.

Fase 1: ascoltarsi e capirsi

La prima fase prevede di ascoltarsi attentamente e capire perché siamo arrabbiati. In realtà spesso la rabbia viene scatenata dalle nostre interpretazioni delle azioni dell'altro e dai significati distorti che possiamo assegnargli.
Per esempio, se una persona salta una lunga coda alle Poste e diventiamo folli di rabbia, stiamo vivendo una situazione sgradevole, ma non una minaccia alla nostra sopravvivenza. Se tuttavia iniziamo a pensare che il "furbetto" non ha alcun rispetto per le persone, che è il solito prepotente, maleducato, che calpesta gli onesti e che come sempre siamo i "perdenti" della situazione, la tensione nervosa sale interiormente e lo scontro verbalmente violento può diventare inevitabile, con tutte le conseguenze negative del caso. Questa sequela di pensieri che si susseguono in modo automatico e inconsapevole alimentano una fortissima tensione emotiva e la rabbia.

Fase 2: analizzare pensieri negativi e distorsioni cognitive.

La seconda fase prevede l'analisi dei nostri pensieri negativi e delle distorsioni cognitive.

Al fine di migliorare le relazioni interpersonali può essere utile ascoltare ed osservare tutti quei pensieri che hanno un ruolo prioritario nella nostra vita emozionale. Molte reazioni che abbiamo in questo campo nascono da un costante susseguirsi di pensieri, una specie di monologo interno che ci aiuta a comprendere ed interpretare la realtà. Tuttavia non sempre diciamo la verità: a volte omettiamo cose importanti, altre le esageriamo, altre ancora ragioniamo seguendo lo schema "bianco o nero".
Queste false indicazioni vengono chiamate "distorsioni cognitive" e in linea generale sono irrazionali, dal momento che si basano su dati incerti. Quelle che hanno maggiore impatto sulle relazioni interpersonali sono: visione tunnel, intenzioni preannunciate, magnificazione, etichettatura globale, dividere tutto in buono o cattivo, logica fratturata, scarico delle responsabilità, etc.

Altri fattori che ci condizionano sono le nostre rigide pretese disfunzionali (es. "io devo essere perfetto e anche gli altri devono esserlo" o per contro "non devo esprimere la mia rabbia o nessuno mi amerà") e i nostri pensieri negativi centrali (es. "il mondo è un posto pericoloso e bisogna sempre difendersi").
Leggere la realtà con questo genere di filtri - che tutti noi utilizziamo e spesso in modo inconsapevole - può provocare reazioni emotive sproporzionate (rabbia, ansia, angoscia, senso di colpa, etc.) rispetto ad una eventuale situazione frustrante.

Fase 3: tecniche utili per sfogare la collera.

La terza fase è relativa a tutte quelle tecniche utili a sfogare la collera in modo funzionale. In virtù della gravità della situazione, può essere anticipata ed agita per prima rispetto alle altre fasi, per abbassare la soglia di tensione emotiva e ottenere poi maggior lucidità nei ragionamenti.

Ecco alcune tecniche di controllo della rabbia che si possono utilizzare:

  • esercizi isometrici per scaricare la rabbia. Il fine di questi esercizi è far sviluppare tensione ai muscoli senza però generare movimento;
  • utilizzare la scrittura. Invece di gridare la nostra collera si può scrivere una lettera, un diario, come una sorta di sfogo. Alla fine la rabbia potrebbe essere più sfumata e magari potremmo anche trovare una migliore strategia per far valere le nostre ragioni;
  • sfogarsi in modo protetto. Per sfogarsi con qualcuno con cui c'è stato uno scontro si può, allo specchio, esprimere senza filtri ciò che si sente. Oppure, in situazioni riservate, lasciar uscire fisicamente la rabbia nel modo più opportuno (prendere a pugni un materasso, urlare su un cuscino, etc.)
  • praticare sport. Per far defluire la rabbia è utile anche fare sport, quello che si preferisce, l'importante è che permetta di distrarsi e di scaricare la tensione;
  • partecipare ad iniziative motivanti. Se la tensione nervosa è uno stato costante, è importante ricercare attività che creino soddisfazione ed energia positiva, così da contrastare lo stato di malessere legato alla collera;
  • praticare tecniche di rilassamento di qualsiasi genere;
  • utilizzare strategie di comunicazione assertiva per gestire con più efficacia i conflitti e prenderne le distanze.

Naturalmente la situazione cambia quando la rabbia da gestire non è la nostra, ma quella di chi ci sta di fronte. Esistono, anche in questo caso, vari metodi e tecniche che possono essere utilizzati per disinnescare la rabbia dell'altro e gestire il confitto in modo costruttivo.

In sintesi è fondamentale:

  • comprendere che il tentativo costante di reprimere queste sensazioni può portare a disagi psicosomatici e depressivi, mentre, per contro, la mancanza di autocontrollo porta ad esiti tragici per se stessi e per gli altri;
  • riconoscere i propri meccanismi e schemi nelle situazioni frustranti, anche con l'aiuto di percorsi di sostegno psicologico adeguati;
  • cogliere segnali della propria collera e di quella altrui, interrogarsi sulle sue origini, sulle eventuali distorsioni cognitive e credenze negative di base che utilizziamo, anche in modo inconsapevole, che possono ingigantire le provocazioni e frustrazioni che stiamo vivendo;
  • utilizzare strategie e tecniche che consentano di gestire la rabbia nel modo più efficace possibile.

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