Articolo pubblicato il 28 Maggio 2019.
L'articolo "Perché è tanto difficile per una ragazza diventare donna?" tratta di: Crescita personale e Psicoanalisi (Sigmund Freud).
Articolo scritto dal Dott. Roberto Pozzetti.
Per rispondere all'interrogativo circa le difficoltà di una ragazza a diventare donna, riporto una frase dello psicoanalista Lacan a proposito di Lewis Carroll, l'autore di Alice nel paese delle meraviglie: "Con la sua opera, Lewis Carroll illustra il valore di oggetto assoluto che può prendere la bambina".
Il termine da chiarire in questa frase è "oggetto assoluto". Cos'è l'oggetto?
Va detto, anzitutto, che nessun essere umano è perfetto. Ciascuno è incompleto, mancante. Fin dalla nascita non bastiamo mai a noi stessi. Cerchiamo la mamma che ci nutre, il papà che ci protegge, i fratelli e gli amici con i quali giocare.
Ognuno di noi è soggetto agli altri, soggetto alla società, soggetto alla cultura, soggetto al campo del linguaggio. Soggetto, in senso etimologico, deriva dal latino sub-jectum. Ciascuno sta in qualche modo sotto norme sociali, sotto leggi condivise, sotto regole linguistiche.
Per colmare la nostra mancanza, scoviamo anche e soprattutto degli oggetti. Di cosa stiamo parlando quando diciamo la parola oggetto? L'oggetto è principalmente ciò che non è il soggetto. Ogni essere umano è o dovrebbe essere un soggetto; un soggetto che si relaziona anche con degli oggetti.
La Psicoanalisi ha sempre considerato fondamentale, soprattutto per le donne, acquisire una propria posizione come soggetto passando per l'avere dei figli.
In una prospettiva principalmente anatomica come quella freudiana, una donna si posiziona soggettivamente rispetto all'organo mancante. Tre sono allora le strade: il complesso di mascolinità, che la porta ad agire come se lo avesse, per esempio amando e desiderando le donne; la linea della verginità dovuta al negare la propria mancanza; la via della maternità che spinge a cercare in un uomo colui che le potrà donare un sostituto dell'organo mancante ovvero la vitalità del bambino. Freud predilige la terza tesi considerando che una donna si realizzi come madre. Concezione del bambino come fallo che completa la femminilità. Una donna che non riesce ad avere figli, secondo Freud, rischia di rimanere frustrata e inappagata.
Non è questa la lettura della femminilità nell'opera di Lacan, il quale disgiunge femminilità e maternità. Una ragazza ha diritto a divenire donna indipendentemente dalla sessualità e a prescindere dall'avere o no una prole.
Il bambino, inizialmente, si caratterizza sovente come oggetto: oggetto della madre, oggetto del desiderio della madre, oggetto dei trattamenti della famiglia. Nei primi mesi di vita, ha molte peculiarità di un oggetto e rischia di venire abbandonato o trattato come un oggetto. Sta ai genitori stimolarlo, spronarlo, parlargli, interagire con il bimbo o con la bimba. Sta all'infante stesso smarcarsi da questa posizione, assumendo progressivamente un ruolo da soggetto.
Le caratteristiche del bambino come oggetto si accentuano quando la bambina personifica tale "oggetto assoluto". Lacan ne parla appunto a proposito di Alice, le cui sembianze hanno suscitato l'interesse degli psicoanalisti. Il corpo di Alice cresce vertiginosamente, salvo poi rimpicciolirsi: una lettura ragionevole di questo sta nei cambiamenti corporei della preadolescenza che la avvicinano a una donna, nel momento della crescita. Il suo divenire minuscola rappresenta un effetto tipico della preadolescenza, nella quale vi sono dei momenti regressivi che riconducono ad atteggiarsi come dei bambini piccoli. A quell'età – un'età magnifica – si cresce, ci si sperimenta, si esplora il mondo, si fanno svariate esperienze. Non si possiede, tuttavia, quella stabilità né quella solidità proprie di un tragitto risoluto verso il diventare adulti.
I preadolescenti alternano fasi di crescita significativa nella quale i docenti e i coetanei sono i loro punti di appoggio con altri periodi nei quali avvertono l'esigenza di tornare verso un nido sicuro, verso un porto calmo. Nell'alveo familiare, si comportano di nuovo da bimbi: mamma e papà ritornano a svolgere un ruolo tutelante e rasserenante.
Alice è un emblema della bambina come oggetto assoluto: non un oggetto come gli altri, non un oggetto fra tanti. Oggetto speciale, unico, eccezionale. Ab-solutus, dunque sciolto, sciolto dai limiti. Tutto è dovuto a una bambina, tutto le viene concesso. Questo indica un amore incondizionato, un amore speciale verso la bimba, ma rischia anche di cristallizzarla nel ruolo di oggetto.
La bambina, ancor più del bambino, si presta al ruolo di oggetto. Si adegua di frequente alle caratteristiche di oggetto desiderato. Tende a vestirsi come desiderano i genitori, mentre i bimbi maschi manifestano più condotte ribelli; la bambina gradisce trascorrere le giornate in attività tranquille fra le quali il disegnare o il leggere, mentre i maschi sono molto più dinamici, fisici, motori, prediligendo la corsa e lo sport. Si relaziona con le coetanee in modo sereno e pacifico, senza vincitori né vinti, mentre i maschi sono sfidanti quando non apertamente volti a lottare. La bambina viene spesso amata in modo assoluto dal papà, mentre egli avverte maggiore ambivalenza nei confronti dei propri figli maschi.
Questo ruolo di oggetto assoluto della bimba è uno splendido motivo per farle ricevere cure, attenzione, amore inesauribile; rischia di diventare, però, un ostacolo al percorso di crescita e di separazione, per esempio se inficia la ricerca della propria soggettività e lo spostamento dell'amore e del desiderio erotico verso i coetanei, al di fuori del nucleo familiare.
La frase relativa alla bambina oggetto assoluto va messa in correlazione con un altro aforisma di Lacan: "La bambina è più felice". Più felice in quanto meno ingombrata dall'organo sessuale rispetto al maschietto il quale, già nei primi anni di vita, si confronta con le erezioni. Alice, nella sua gioia ingenua, è un emblema dello stile meno competitivo delle femminucce rispetto a quanto avviene nei maschi. Si appassiona, si entusiasma al mondo ignoto che approccia secondo un'altra logica, una logica diversa da quella maschile. La bambina conserva l'euforia, l'allegria, il sorriso persino dinanzi a situazioni spiacevoli perché è orientata da una certa assenza della vita sessuale. Pure per questo, spesso la bambina è felice e oggetto di amore assoluto. Alice è un paradigma di questa desessualizzazione pacificante.
Nel corpo delle bambine è spesso il passaggio drammatico attraverso la pubertà a sovvertire tale tranquillità. I cambiamenti del proprio corpo, ai quali non arriva mai del tutto preparata, costituiscono un evento traumatico. Lo vediamo nella forma più comune, come clinici, ricevendo ragazze adolescenti che soffrono per importanti disturbi alimentari. Si riscontra non di rado, in questi casi, un conflitto tra la spinta verso la crescita per divenire donna e il desiderio di mantenere vive le illusioni infantili delle quali Alice offre una fantastica lettura. Restare bambina, indietreggiare nel percorso evolutivo, regredire all'infanzia, ritornare a un mondo fatato. Far scomparire le forme del corpo sessuato per ritornare a una fase antecedente la pubertà nella quale era legittimo sognare, fantasticare e soprattutto ricevere l'amore incondizionato dei genitori.
La posizione di oggetto assoluto della bambina e la maggior felicità della femminuccia rispetto al maschietto sono proprio i fattori che rischiano di renderle difficile l'evoluzione verso il diventare donna. Diventare donna implica perdere questa gaiezza infantile per aprirsi a un'esistenza in cui incontrare il desiderio e l'amore in ambiti diversi da quello familiare. Crescere in quanto donna vuol dire smarcarsi dalla posizione di oggetto, per divenire un soggetto.
Esiste qualcosa che identifica una bambina; per esempio, una bambina è la figlia amata dai genitori. Non esiste un termine che definisca totalmente una donna, che definisca totalmente una donna come soggetto. Anche su questo si lavora in un'esperienza psicoanalitica.