Articolo pubblicato il 28 Gennaio 2011.
L'articolo "La depressione non esiste" tratta di: Depressione e Terapia Strategica.
Articolo scritto dal Dott. Emilio Gerboni.
Come creare realtà inventate che producono effetti concreti attraverso il linguaggio.
Lo ammetto, il titolo è volutamente provocatorio, vi invito comunque a seguire la trama della mia argomentazione per vedere se può portarci a osservare da un punto di vista diverso qualcosa che agli occhi dei più rimane ciò che è stato considerato il male del secolo.
Una delle caratteristiche distintive di questa strana creatura che va sotto il nome di uomo è, appunto, quella di dare nomi, etichette alle esperienze che vive. Alcune di queste etichette risultano utili strumenti per muoversi nel mare della vita, altre, purtroppo, finiscono per creare più problemi di quelli che vorrebbero risolvere. Ciò dipende spesso dalla poco azzeccata interpretazione o categorizzazione dei fenomeni in cui ci imbattiamo.
Depressione = malattia?
Intendo semplicemente dire che questo abusato termine, la depressione, nel momento in cui viene incasellato all'interno della categoria "malattia" = "patologia organica" o "identità" = "io sono un depresso", provoca ciò che Bertrand Russell definirebbe una "confusione di livelli logici", simile a quella che porterebbe una persona con l'etichetta di schizofrenico a mangiare il menù di un ristorante al posto delle pietanze indicate dal menù stesso, o portarci ad usare la mappa di Londra per andare in giro per Parigi.
La cosa è seria, cari signori, in quanto anche se io riuscissi logicamente a farvi comprendere la portata di queste affermazioni e ad essere d'accordo con quanto vado affermando, nella vostra testa probabilmente la depressione continuerà ad essere quasi un oggetto fisico, materiale, qualcosa di estraneo che si impossessa di noi o qualcosa che è insito geneticamente in noi, parte del nostre essere.
Avete presente i riti degli sciamani per curare malattie o effetti di maledizioni? In un contesto altamente suggestivo toccando il corpo e dando l'illusione di penetrare dentro gli organi interni della povera vittima, questi sciamani estraggono un pezzo di organo, la parte malata, liberando in questo modo il malcapitato dal morbo che lo stava uccidendo.
Anche se il famoso pezzo di carne non era realmente dentro la pancia del nostro amico, ma era già nelle mani dello sciamano, la persona si sente veramente meglio.
Il metodo funziona, sì, per chi crede nella stregoneria lo consiglio caldamente. Sempre meglio che ciò che viene attualmente usato nella nostra cultura tecnologicamente avanzata, gli psicofarmaci, che non sempre hanno un effetto propriamente benefico o se funzionano, ci rendono schiavi del loro utilizzo per mantenere il nostro stato d'animo sopra una soglia che ci permetta di tirare avanti la carretta. Del resto, come tutti sanno, esistono anche sostanze illegali che hanno lo stesso fine.
Bene, ho utilizzato poco fa la definizione di stato d'animo che già meglio calza nel rappresentare il fenomeno della depressione.
Perché la depressione non è qualcosa di statico, una cosa che posso toccare, ma uno stato dinamico, un processo interattivo tra la nostra mente e l'ambiente che può essere interrotto o alimentato.
Durante la giornata tutti noi attraversiamo moltissimi stati d'animo diversi passando dalla gioia alla tristezza, dalla noia all'entusiasmo etc.
Anzi più parole conosciamo per definire i nostri stati d'animo più stati d'animo diversi saremo in grado di provare. Vi faccio un esempio.
Penso che la maggior parte di noi conosca uno o al massimo due (?) tipi di neve diversa. Io personalmente ne conosco uno solo che chiamo... neve!
Gli eschimesi invece ne utilizzano svariati per classificare la neve, ma se io avessi in fila queste qualità diverse davanti ai miei occhi credo che considererei i simpatici eschimesi in preda a delle allucinazioni, vedendo io invece solo della comunissima neve appunto. Il punto è che nel loro habitat distinguere tipi diversi di neve è un fatto di vita o di morte, di adattamento. Tutte queste parole diverse descrivono sfumature diverse di esperienze simili che arricchiscono la capacità di percepire e di sentire e di conseguenza di reagire diversamente a ciò che ci accade.
Tutti noi possiamo concordare che esistono tante emozioni, e gli animi sensibili dei poeti sono in grado di nominare tante sfumature di emozioni che noi comuni mortali non saremmo nemmeno in grado di immaginare.
Tra le emozioni che provocano sofferenza, la depressione ne rappresenta l'abisso oscuro, il fondo del pozzo, quello stato che ci fa vedere il mondo attraverso delle lenti cupe dove la speranza non ha più spazio e la resa diviene l'unica possibilità. Ma noi spesso confondiamo una normale tristezza o mestizia con la depressione, con l'effetto poi di avvilirci ulteriormente e provare ciò che il termine denota, uno stato, come abbiamo visto, ben più opprimente e dal quale è più arduo risollevarsi rispetto ad uno sconforto o avvilimento. Iniziamo a pensare di essere malati invece di considerarlo come un segnale d'azione: dobbiamo cambiare il nostro comportamento o assumere un punto di vista diverso sulle cose ad esempio.
Quindi il primo punto da fissare è che attraverso le parole che usiamo abbiamo il potere di creare degli stati d'animo diversi e ai quali reagiremmo diversamente. «Le parole sono pallottole» ammoniva Wittgeinstein. Quando poi parliamo di cura dalla sofferenza le cose si complicano ulteriormente.
Se un medico confondesse un raffreddore con una polmonite o viceversa o addirittura con una malattia che nulla a che fare con l’apparato respiratorio come un'ulcera la cosa sarebbe a dir poco non indifferente a livello di terapia, non credete?
Immaginiamo che voi vi presentaste da uno psichiatra raccontando che soffrite di depressione, che vi sentite degli stracci, che non avete più voglia di fare nulla, che vedete tutto nero, che avete spesso mal di testa, piangete di continuo etc. e che di conseguenza, definito il quadretto, lui prontamente vi prescriva il farmaco miracoloso che vi dovrebbe togliere la depressione ma dimenticando di indagare e scoprire che il vostro umore è peggiorato dopo la perdita di una persona cara, o in seguito all'incapacità di gestire un figlio ribelle, manie di persecuzione o ossessioni/compulsioni o qualsiasi altro problema. Penso che il farmaco non avrebbe molto effetto oltre a quello di tamponare il dolore.
Inoltre mi pare di non aver mai conosciuto alcun paziente tormentato da un problema di cui non si era riuscito a liberare che fosse particolarmente di buon umore.
«Sa Dottore, soffro di attacchi di panico, però sono una persona molto felice anche se non esco mai di casa e per questo la mia vita è vuota».
Non ho mai sentito nulla di simile, del resto, sarebbe un chiaro segno di uno squilibrio maggiore. Paradossalmente, in questa situazione fittizia, potremmo immaginare la stessa persona che, dopo un po' di indagine nel colloquio, affermi che prima era anche depressa ma dopo aver iniziato una terapia farmacologica l'umore era migliorato ma continuava lo stesso a soffrire di attacchi di panico e rimanere chiuso in casa. Sarebbe in pratica come salvare delle persone che stanno affogando in un fiume, tuffandosi e riportandole a riva mentre dall'altra parte del fiume c'è qualcuno che continua a gettarne altre finchè stremati affoghiamo pure noi.
Fissiamo pertanto quest'altro punto: la depressione può fare riferimento a esperienze completamente diverse a seconda del punto di vista personale di ognuno, stessi nomi non si riferiscono rigidamente agli stessi fenomeni. Come sarebbe facile e al tempo stesso noioso comunicare.
Dal punto di vista operativo, in Terapia Breve Strategica, la Depressione viene considerata nella maggioranza dei casi come l'effetto dei tentativi fallimentari reiterati nel tempo di risolvere i propri problemi.
La struttura del processo segue questa sequenza: illusione - delusione - depressione. Qualcosa in cui credevamo profondamente viene rotto e rompendosi ristruttura il significato della nostra vita in negativo.
L'assunzione di un ruolo di vittima e l'atteggiamento di rinuncia protratto nel tempo caratterizzano la persona depressa.
Pensiamo ad esempio a quando abbiamo avuto la nostra prima delusione d'amore, ovviamente l'esempio non vale per i fortunati che non sono mai stati delusi in amore, ma potrebbero comunque con un po' di fantasia, calarsi nello scenario. "Pensavo fosse l'uomo/la donna giusto/a e invece mi sono sbagliato" a cui segue una fase di fisiologica tristezza e senso di impotenza in cui elaboriamo il lutto.
Immaginiamo che la persona in questione al termine dell'elaborazione concludesse che "se quella persona non andava bene nessun altra persona potrà mai essere giusta per me, pertanto sarò destinato ad una vita di solitudine" invece che, per esempio, "la coppia si costruisce in due, se non ha funzionato la responsabilità è di entrambi, cercherò di evitare gli errori commessi e imparare dalla mia esperienza".
Le reazioni e l'umore delle due persone saranno completamente diverse.
La prima non vedrà soluzioni all'orizzonte e rinuncerà ad avere una vita sentimentale soddisfacente riducendo drasticamente i suoi orizzonti relazionali. È anche possibile che a partire da quella sfera la rinuncia si estenda anche ad altri contesti, dal lavoro, all’amicizia impoverendo la vita dei suoi piaceri fondamentali in una spirale catastrofica.
Il primo fondamentale obiettivo della terapia sarà quello di tirare fuori dal ruolo di vittima la persona bloccando la sua tendenza alla rinuncia ed intervenire parallelamente o in seguito a seconda del caso specifico, sul problema che la persona non era riuscita a risolvere e dal quale aveva desistito. L'imperativo etico della terapia strategica espresso dalle parole di Heinz Von Foerster in forma di aforisma suggerisce: «agisci in modo da aumentare le possibilità di scelta». Proprio quelle che una persona in uno stato di depressione non è più in grado di vedere.
Talvolta, citando Francesco d'Assisi, «basta un singolo raggio di luce per dissipare mille oscurità».