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Articolo di psicologia: «Aiuto dello Psicologo»

Chiedere aiuto, una scelta coraggiosa

Articolo pubblicato il 10 Ottobre 2012.
L'articolo "Chiedere aiuto, una scelta coraggiosa" tratta di: Disturbi Psicologici.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Loriana Alessandra d'Ari.

Nella maggior parte dei casi, accade che una persona si rivolga al nostro consultorio per intraprendere un percorso psicoterapeutico solo nel momento in cui ha la chiara e dolorosa percezione di aver perduto il controllo sulla gestione dei propri sintomi, quali che siano.
La incontriamo proprio nell'attimo che precede il crollo di ogni fiducia in se stessi e nell'efficacia dei tentativi intrapresi a vari livelli, dallo yoga allo psicofarmaco, all'apice della frustrazione e con la speranza ridotta al lumicino.

Possiamo star certi che quella persona abbia lottato a modo suo e, magari, senza nemmeno saperlo per tutta la vita, per cui non ci stupiamo affatto di quell'incomprensibile (solo in apparenza) senso di sfinimento che spesso lamenta, e di cui si vergogna, e di quel vago sentore che ha... che fermarsi solo un istante sia un lusso che non può concedersi, perché quando siamo sfiniti non sappiamo immaginarci una sosta che non sia, in fondo, un cedere di schianto.

I nostri pazienti sono combattenti messi all'angolo dalla vita, a cui sentiamo di dovere il massimo rispetto per la fatica e l'impegno profusi.
Di solito hanno l'impressione di aver lottato contro circostanze sfavorevoli e questo, per quanto sia vero, è solo una parte della verità: perché quando cerchiamo affannosamente di liberarci di un sintomo, di un'emozione scomoda o di un passato doloroso che ha un conto aperto con noi, è di noi stessi che vorremmo liberarci, è da noi stessi che vorremmo fuggire.

Questa è una lotta estenuante e difficile da "vincere" senza dover sacrificare, in parte, ciò che siamo. Allora proviamo insieme a riformulare la domanda di aiuto: non più ricerca del sollievo immediato dal sintomo, ma ricerca di noi stessi attraverso quel messaggio che il sintomo cerca instancabilmente di comunicarci, e che non abbiamo potuto/voluto ascoltare, perché troppo spaventati o troppo soli.

Il sollievo verrà quando non avremo più bisogno del sintomo per dirci quello che non potevamo dirci altrimenti.
Non più vuoti di senso da infarcire di sostanze, di rapporti malati, di pseudo-risposte preconfezionate fornite da altri, ma il vuoto come risorsa e potenzialità di sviluppo di ciò che siamo, come ciò che viene prima della creazione di qualcosa di buono, a patto di saperlo tollerare per il tempo necessario. Non più crisi come frattura insanabile, ma come momento decisivo in cui si gioca la possibilità del cambiamento, a patto di saper rivalutare il terrore dell'abbandono e della perdita come quel sentimento che, più di ogni altro, ci rimette in contatto con i nostri aspetti più fragili e preziosi, da accudire e da far crescere. E quella diffusa sensazione di inautenticità, di vivere la vita di qualcun altro, di non sapere fino in fondo cosa significa provare piacere in ciò che facciamo, di non aver mai potuto scegliere veramente in armonia con il nostro desiderio, come punto di partenza per andare alla ricerca di noi stessi.

Chiedere aiuto è una scelta coraggiosa, che implica il mettersi in discussione non solo a nostra tutela, ma come gesto d'amore e di riparazione del male arrecato alle persone care dal nostro stesso dolore; e più ci illudiamo di proteggerle da noi stessi, peggio è.
Scopriremo che riappropriarci del nostro mondo emotivo è riappropriarci della nostra stessa vita.

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