Articolo pubblicato il 13 Aprile 2015.
L'articolo "Cos'è l'ansia?" tratta di: Disturbi d'Ansia e Tipi di terapia.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Marcella Dittrich.
Lavoro da molti anni come Psicoterapeuta e il sintomo più frequente di cui soffrono i miei pazienti è l'ansia, in tutte le sue manifestazioni.
Che si tratti di una madre preoccupata per il proprio figlio, di un uomo che non riesce a costruire una relazione d'amore duratura e soddisfacente, di studenti che non ce la fanno ad affrontare studio o esami… quella tensione strisciante, continua e destabilizzante che con una parola definiamo "ansia", diventa un malessere onnipervasivo e difficile da risolvere.
Ho l'impressione che la crisi economica e i cambiamenti sociali e familiari così rapidi, negli ultimi anni abbiano ulteriormente contribuito ad aumentare il senso di instabilità e insicurezza, incrementando la manifestazione dell'ansia e riducendo la capacità individuale di farvi fronte.
Anche le organizzazioni lavorative, come le aziende dei tipi più diversi, propongono di frequente ai propri dipendenti corsi e seminari per aiutare a "gestire lo stress" che, in parole povere, vuol dire cercare di far fronte alle innumerevoli richieste a cui sono costantemente sottoposte, per arginare malesseri e disagi che portano le persone ad ammalarsi.
Le donne sembrano le più esposte all'ansia perché su di loro spesso grava oltre al lavoro esterno anche la gestione della famiglia.
Si parla di ansia sollecitata da un rapporto di coppia che non "funziona", ma anche come fenomeno che accompagna la depressione; o ancora l'ansia è la "compagna inseparabile" di molti disturbi dell'alimentazione (pensiamo al bisogno di abbuffarsi); oppure è l'ostacolo che impedisce di scivolare in un sonno ristoratore etc.
Sigmund Freud nel suo lavoro clinico ha "scoperto" che l'ansia segnala un conflitto attivo in uno strato profondo della mente, di cui non siamo consapevoli.
Il conflitto è tra un desiderio, qualcosa di molto importante per noi, e il timore che esso possa realizzarsi, perché se questo avvenisse ci esporrebbe a cambiamenti destabilizzanti seppur vantaggiosi.
Ad esempio un mio paziente faceva di tutto per non accettare un miglioramento della sua condizione lavorativa pur desiderandolo, perché non si riconosceva come "persona di successo"; la sua famiglia gli aveva trasmesso la convinzione di essere un "mediocre", poco capace.
Quel messaggio si era inconsapevolmente trasformato nella convinzione personale di non avere le risorse per "farcela" per cui il primo sabotatore di sé stesso era lui...
Proviamo allora a conoscere meglio il fenomeno "ansia" perché il suo modo di manifestarsi non è sempre uguale e capirlo può essere il primo passo per riuscire a gestirla e a superarla.
Il primo tipo di ansia la definirei "fisiologica"; si fa sentire con uno stato di "attivazione" fisica quando ci troviamo ad affrontare situazioni particolarmente impegnative o nuove, ad esempio un'interrogazione per uno studente, un colloquio di lavoro, una prestazione sportiva o anche un esame medico particolare. Sono situazioni chiare, in cui tra la tensione ansiosa e le cause c'è chiarezza.
Lo stato di "attivazione" è funzionale ad affrontare al meglio situazioni particolarmente richiedenti: l'attenzione è attivata al massimo, i muscoli sono irrorati di sangue, l'adrenalina ci fa sentire forti e pronti alla prova. Quando tutto è finito si ritorna facilmente ad uno stato di quiete.
C'è invece un secondo tipo di ansia che è "paralizzante" perché, invece di attivare le nostre risorse, ci blocca e non siamo in grado di capirne il perché. Ad esempio in una situazione apparentemente tranquilla e consueta, ci sentiamo improvvisamente preda dell'inquietudine, il respiro si fa più "costretto", meno libero di circolare; si è in uno stato di allerta, di pericolo - pur non identificando eventi particolari che lo giustifichino - oppure improvvisamente l'umore cambia e si avverte uno stato interiore di profondo disagio e sconforto, al punto da scoppiare in lacrime senza apparenti motivi attuali e concreti.
È un'ansia paralizzante perché, al contrario della prima, non stimola l'azione nella direzione di una riuscita, ma blocca, spaventa.
A volte obbliga a cambiare uno stile di vita: si fa fatica a guidare da soli, oppure stare in mezzo agli altri diventa opprimente, concludere un corso di studi un'impresa impossibile...
Allora si ricorre ai farmaci - ansiolitici, sonniferi, fiori di Bach per i più "naturalisti" - a seconda della gravità del malessere, oppure ai metodi più svariati per padroneggiare la tensione (tecniche di rilassamento, arte terapia etc.).
A volte si riesce ad arginare quel malessere e a condurre la vita di sempre, altre volte invece l'ansia "alza il tiro", cioè si trasforma in angoscia, diventa invalidante; questo può segnalare che qualcosa dentro di noi urge di essere visto, analizzato, risolto, altrimenti non ci lascia in pace.
È qualcosa di "grosso", di importante. Potrebbe essere una particolare situazione traumatica mai emotivamente superata, solo messa da parte.
Le emozioni non possono più fluire liberamente perché sono bloccate, troppo dolorose o complicate per essere affrontate da soli.
Se non ce la facciamo da soli si rende necessario l'aiuto di un esperto, che conosca gli scenari mentali e ci conduca attraverso di essi. Questo perché il conflitto angoscioso inconsapevole può essere complesso, distante dai sintomi e dagli stati di coscienza più superficiali.
È sorprendete notare come ci si stupisca poi degli spazi di libertà interna che si aprono dopo un lavoro di questo tipo.
Il paziente sembra chiedersi: "Se non sono più ripiegato su di me e sulle mie paure, occupato a difendermi da mille situazioni che la vita mi presenta, cosa divento?". La libertà affascina ma inquieta, perché la scelta e quindi la responsabilità conseguente diventa ineludibile e individuale...
Quando i sintomi sono fortemente invalidanti può essere necessario ricorrere anche ai farmaci per contenere l'ansia, che può provocare veri e propri attacchi di panico. Bisognerà individuare uno specialista da cui ci si sente capiti (Psichiatra o Neuropsichiatra) e trovare il "farmaco giusto", che contenga i sintomi e non produca effetti collaterali pesanti.
Trovare il farmaco adatto a sé può richiedere un po' di tempo, ma non ci si deve scoraggiare.
Il terzo tipo di ansia ha a che fare con i grandi temi dell'esistenza, il senso della vita e della morte o anche con quella sottile inquietudine connessa al tempo che passa... direi questioni che appartengono alle fondamenta dell'essere e con le quali, soprattutto in alcuni periodi della nostra vita, ci troviamo a confrontarci assiduamente; ad esempio durante l'adolescenza quando si costruisce una nuova identità adulta e si fanno scelte importanti o quando "nel mezzo del cammin di nostra vita", cioè essendo già più che adulti, si fanno i bilanci della vita trascorsa e se possibile si preparano nuovi cambiamenti, più in linea con ciò che si è diventati.