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Dott. Andrea Arrighi
Sostegno Psicologico e Burnout: il disagio del docente, Lesa (NO) - Milano (MI) - Farnese (VT)

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Il disagio del docente

Articolo pubblicato il 1 Dicembre 2022.
L'articolo "Il disagio del docente" tratta di: Burnout e Sostegno Psicologico.

Il disagio del docente. Un sostegno agli insegnanti nella gestione del mondo scolastico

Troppo spesso la psicologia si rivolge al malessere degli studenti, trascurando gli altri protagonisti del mondo scolastico, cioè gli insegnanti. Gli sportelli sono pensati esclusivamente per i giovani ospiti degli istituti scolastici, dalle scuole superiori di primo e secondo grado in avanti. Non esistono sportelli dedicati a chi insegna. Nanni Moretti nel suo film "Bianca" anticipava, negli anni '80, con amara ironia, il bisogno di un psicologo non per gli studenti, ma specificatamente per il celeberrimo "corpo docente".

Quale disagio per quale docente nella "scuola inclusiva"?
A scuola gli insegnanti possono soffrire di diversi tipi di disagio, più o meno mascherato. Se ci concentriamo sulle cronache degli ultimi giorni, (ottobre-novembre 2022), notiamo una crescita rilevante dell'aggressività sia degli studenti che degli insegnanti. Chi dovrebbe essere a scuola per imparare si dedica piuttosto a prendere in giro, in un modo indiscutibilmente pesante in termini psicologici chi insegna: filmati (postati illegalmente) su internet raccontano spesso di docenti in crisi che urlano, perdono il controllo, arrivano ad alzare le mani su studenti che hanno comunque indiscutibilmente esagerato nel loro mancare di rispetto ad una figura che, in termini giuridici, dovrebbe essere considerato non solo formalmente, ma anche di fatto, un "pubblico ufficiale"1.

La scuola, ci insegna la psicologia generale dell'adolescenza, è luogo di apprendimento di norme sociali tramandate da generazioni e, dalle stesse generazioni, modificate, anche in un senso meno rigido e severo, dagli anni '70 in avanti. Oggi la scuola è pensata come inclusiva, comprensiva nei confronti di chi impara, pronta a formulare "piani formativi personalizzati" per provare a seguire ogni studente come fosse veramente un "unicum", una individualità preziosa proprio nella sua singolarità, che ha quindi diritto ad essere valorizzata nella sua specificità, eventualmente sostenuta con strumenti dispensativi e compensativi in una didattica "personalizzata". Le distinzioni in studenti DSA, BES, DVA sono misure volte proprio a rendere la scuola un mondo il più possibile "aperto" a tutti i tipi di studente, con problematiche come la dislessia, discalculia o con carenze socio-culturali o differentemente abile.

Burn out. La scuola sembra essere a misura di tutti, tranne che per i docenti.
Certo, si dirà, gli insegnanti sono lì per svolgere la loro professione e devono, piuttosto, essere proprio loro a garantire il benessere altrui, cioè dei loro studenti. Quindi una prima forma di disagio risulterà essere quella classica dei lavori di cura rivolta agli altri, cosiddetto burn out.

La letteratura ufficiale descrive la sindrome del Burn Out come caratterizzata da esaurimento emotivo, cioè quella sensazione di aver perso le proprie risorse emotive e non aver più nulla da offrire alle persone delle quali per lavoro ci stiamo occupando. La conseguenza di questa sensazione è un comportamento cinico e distaccato nei confronti di chi si rivolge ad un servizio sociale per chiedere assistenza o aiuto. La sindrome, infatti, colpisce perlopiù chi lavora come assistente sociale, educatore, insegnante, è a stretto contatto con il pubblico, svolge attività per le quali deve risponde a domande e bisogni che non sempre possono essere soddisfatti, per disorganizzazione o risorse limitate del servizio per il quale opera oppure perché le richieste non sono state formulate in modo chiaro e corretto. In tutti questi casi, l'operatore può ritrovarsi a vivere un periodo di stress psicofisico, a causa del quale si mostra meno disponibile ad aiutare chi si rivolge a lui.
Di conseguenza, può sentirsi incompetente ed inadeguato per quel lavoro nel settore sociale, aver meno voglia di migliorare le sue prestazioni e subire un calo della propria autostima. In questi casi possono anche sorgere conflitti con i propri colleghi o, in generale, difficoltà nei rapporti con gli altri.
In termini relativi al mondo della scuola, sentirsi "bruciati" avrà allora prevalentemente il significato di non riuscire a garantire quella "inclusività" che viene proposta e - soprattutto - sbandierata da molte scuole al fine di attirare un numero maggiore di studenti.

Conflitto docenti-studenti. Quali regole per quale scuola e società?
La scuola è un luogo di formazione dai tempi più antichi. La figura del maestro è stata variamente interpretata a seconda delle culture e delle epoche. Non sempre il docente è stato adeguatamente riconosciuto nel suo ruolo di "educatore", diffusore di sapere, ma anche di figura simile ai familiari. La psicoanalisi in particolare ci ricorda che la il "maestro" spesso rappresenta un sostituto temporaneo delle figure genitoriali di ognuno. Su di lui viene espressa, da parte soprattutto degli studenti più giovani, stima e affetto ma, molto più spesso e allo stesso tempo, un' aggressività e conflittualità che è ricollegabile al rapporto con le figure paterna e materna degli studenti nella loro vita privata. Si potrebbe forse parlare di "transfert scolastico"?

Inoltre, per gli studenti, la scuola è un confronto con il mondo esterno, extrafamiliare, in senso ampio, e con le sue regole: le istituzioni scolastiche, dalla scuola materna in avanti, non accolgono soltanto con benevolenza, ma cercano di proporre, ma anche necessariamente imporre, quelle regole sociali indispensabili al raggiungimento di qualsiasi obiettivo di gruppo o di una classe scolastica. Le regole di una scuola non sono certamente semplici, da rispettare, ma necessarie per svolgere il processo stesso dell'apprendimento. In altri termini, possiamo alleggerire una lezione spingendo al massimo la partecipazione, proponendo l'utilizzo di mappe concettuali, filmati, canzoni o laboratori e gite d'istruzione, ma alla fine gli studenti dovranno dimostrare a se stessi e ai docenti, attraverso verifiche o esami di stato, di avere imparato a rielaborare personalmente e significativamente dei contenuti e delle competenze. Ci saranno certamente dei conflitti, inevitabili anche nelle normali relazioni affettive o lavorative. Per questo una fatica e un conseguente disagio del docente sarà proprio il constatare e verificare come riesce lui, come professionista ma anche come persona, a reggere il conflitto - di natura varia, come visto - che i suoi studenti presto o tardi gli proporranno. Come riusciamo, in quanto docenti, a trasmettere cultura e, allo stesso tempo, far comprendere la necessità di un insieme di regole necessarie per realizzare il semplice fatto di essere in un determinato luogo, da un determinato orario, per svolgere una programmazione ministeriale che dovrebbe portare gli studenti non solo a capire e rielaborare conoscenze e competenze, ma anche a far fronte ad eventuali frustrazioni e disillusioni o ripensamenti rispetto a se stessi e alle loro capacità? Studenti e docenti, in un certo senso, sono immersi in un rapporto di medio-lungo periodo in cui si conosceranno nelle reciproche luci ed ombre, professionali e scolastiche, ma anche personali e caratteriali.

Voi insegnanti non dovete solo insegnare ma anche fare "tutto"
Come accennato parlando di burn out, un altro punto critico ormai quasi abituale del lavoro di insegnanti è quello di doversi occupare di attività altre, varie ed eventuali, rispetto all'insegnare stesso. Alludo a consigli di classe, collegi dei docenti, riunioni relativi all'inclusione di studenti con bisogni speciali, ma anche coordinamento di classi, organizzazione di gite o uscite didattiche, stesura di relazioni su programmi svolti o da svolgere, esami di stato, esami di riparazione o integrativi, colloqui con genitori o confronti tra colleghi. E dimentico certamente qualche altra attività.
Verrà osservato che nel compito di un docente è "incluso" anche un vasto insieme di compiti diversi dal lavoro in aula. Ma questo, se da un lato aiuta positivamente a diversificare le proprie competenze e talvolta a stimolare un modo sempre differente di insegnare, dall'altro può produrre uno specifico stress, tipico di chi sente che "non ha mai fatto abbastanza", che ha insegnato, ma che questa è solo una parte - che talvolta sembra, ironicamente, minoritaria - del lavoro di docente.

A tutto quanto ho detto aggiungo, come ulteriore e potenziale fattore stressante i numerosi articoli postati su diversi social, dedicati proprio alla scuola, in cui illustri intellettuali, spesso ormai lontani dall'attuale vita scolastica, denigrano o sminuiscono, in vario modo, il lavoro dei docenti, sostenendo che "gli insegnanti di una volta erano più preparati e autorevoli", "i docenti di oggi non sanno gestire una classe o non insegnano con passione, ma sono solo desiderosi del loro stipendio sicuro a fine mese." E, soprattutto, "gli insegnanti hanno troppe vacanze!"

Quale aiuto per quale docente?
Certamente un primo punto è quello di essere consapevoli della fatica che questi differenti compiti provocano. Se io come docente penso comunque di "non aver fatto comunque abbastanza", dopo aver insegnato, gestito riunioni, progettazioni varie, colloqui con i genitori, verifiche ed esami", devo imparare a comprendere, a livello individuale perché tendo a sentirmi e "valutarmi" in questo modo. Cosa mi spinge a dirmi (quasi sempre) "avresti anche dovuto ascoltare quel genitore o quello studente di più o andare anche a quell'altra riunione su un ennesimo interessantissimo progetto"? Inevitabilmente è la nostra completa personalità ad entrare in gioco, con le sue potenzialità ma anche criticità. In altri termini, saranno i lati più irrisolti di noi docenti ad essere chiamati in causa, anche se non lo vogliamo.

Studenti, dirigenti, talvolta colleghi possono approfittare di debolezze o aspetti su cui magari stiamo personalmente lavorando con fatica. Una psicoterapia potrebbe anche partire da questi punti: come gestiamo il nostro essere docenti declinato nelle tematiche critiche che ho elencato, consapevole che non sono assolutamente le uniche che andrebbero ricordate? Il percorso terapeutico potrebbe essere anche di gruppo, con un confronto non su programmi da svolgere, ma, specificatamente, sui vissuti emotivi che il lavoro di insegnante comporta. Ogni partecipante potrebbe proporre il proprio disagio e ascoltare quello dei colleghi, trovando modalità nuove per gestire il "proprio" modo di essere docente.

Spesso si dice "insegnare è il mestiere più bello del mondo". Certamente può esserlo se mettiamo in pratica quel modo di riflettere che ogni docente ha rispetto ai contenuti della propria materia anche in relazione al nostro modo di lavorare nella scuola. Pensare a come si vive il contatto con colleghi, ma soprattutto con gli studenti e raccontarlo in un percorso psicoterapeutico individuale o di gruppo potrebbe aiutare a trasformare in positivo il disagio dei docenti.

Note
  1. Il 3/11/22 i siti di diversi quotidiani riportano la notizia di un docente che prende a pugni un suo studente che lo derideva. Dal sito di "Repubblica" si rintraccia anche il commento della madre dello studente, la quale, pur avendo sporto denuncia nei confronti del docente, ammette che suo figlio ha messo in atto un comportamento sbagliato, saltellando alle spalle dell'insegnante e facendo il "buffone" con i compagni. Il docente parla di un filmato fatto "appositamente" per poter potere avere una testimonianza di quello che accadeva e diffonderlo su internet, ottenendo popolarità. Questo è solo uno dei diversi episodi di violenza tra studenti e docenti.
Riferimenti bibliografici
  • Arrighi, A. (2015), La soluzione trascurata. Bene e male nella psicologia junghiana raccontati attraverso il cinema, Alpes, Roma.
  • G. Pietropolli Charmet, L'insostenibile bisogno di ammirazione, Laterza, Bari-Roma 2018
  • G. Pietropolli Charmet (a cura di) L'adolescente nella società senza padri, Unicopli, Milano 1992.
  • Vegetti Finzi, S. Storia della psicoanalisi. Autori, opere, teorie 1895-1985, Collana Studio, Milano, Mondadori, 1992;

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