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Articolo di psicologia: «Famiglia: disturbo della condotta e terapia»

La Teoria dell'Attaccamento di John Bowlby: i disturbi mentali e i disturbi della condotta

Articolo pubblicato il 21 Novembre 2014.
L'articolo "La Teoria dell'Attaccamento di John Bowlby: i disturbi mentali e i disturbi della condotta " tratta di: Disturbo della Condotta, La Famiglia e Tipi di terapia.
Articolo scritto dal Dott. Michele Orlandi.

"... È probabile che a qualsiasi età un bambino si senta triste o turbato se deve allontanarsi da casa... ma per un bambino piccolo un'esperienza di questo tipo può significare molto di più che una normale sensazione di tristezza.
Essa, infatti, può equivalere a una vero e proprio "black out" emotivo e può facilmente portare a un disturbo severo nello sviluppo della personalità, il quale può persistere per tutta la vita
".
(Bowlby, Miller, Winnicot, 1939)

Secondo la Teoria dell'Attaccamento dello Psicologo e Psicoanalista John Bowlby, il modo in cui i genitori si prendono cura dei propri figli porta alla formazione di un particolare modo di pensare, che definisce "Modelli Operativi Interni" (MOI), ovvero modi di comportarsi, provare sentimenti ed emozioni, che hanno la funzione di tenere vicine le proprie figure di attaccamento. Questa particolare maniera di pensare si basa sulla previsione del bambino su come reagiranno i genitori ai suoi bisogni di vicinanza e di conforto.
I MOI quindi sono come "mappe" che permettono al bambino di adottare lo stile di interazione più adatto al tipo di cura che si sta ricevendo.

Un bambino in altre parole svilupperà determinate credenze su come un genitore reagirà alle sue richieste di accudimento e conforto, e queste influenzeranno il modo in cui il bambino si comporterà col genitore per ottenere il massimo delle cure che quest'ultimo può offrire.
Poiché i modi attraverso i quali i genitori si prendono cura dei loro figli sono assai diversificati, essi danno luogo a veri e propri stili individuali, ovvero a delle particolari modalità con cui una persona interagisce con gli altri, più o meno adatte all'ambiente sociale circostante.

Se il bambino non ha ricevuto le cure adeguate, il suo stile individuale potrebbe diventare sempre più rigido e, in età adulta, potrebbe non riuscire ad adottare le strategie adatte al contesto in cui vive.
Questo particolare modo di considerare sé stessi in relazione agli altri, tenderebbe non solo a mantenersi stabile durante tutto l'arco di vita ma, dove sia non "adeguato", potrebbe portare a varie forme di problematiche psicologiche.

Il disagio mentale, quindi, può essere considerato come il risultato di un particolare modo di pensare in maniera eccessivamente rigida e selettiva, attraverso il quale si interpreta il mondo e ci si relaziona a esso.
Mentre in età infantile questo particolare modo di pensare aveva lo scopo di "escludere" tutte quelle informazioni che avrebbero portato a prendere contatto con il proprio bisogno di essere amato, in età adulta - e quindi in una nuova fase di vita - il mantenere ancora questo modo di pensare rigido aumenterebbe la probabilità di sviluppare problematiche di natura mentale. Si tratterebbe insomma di riproporre inconsciamente in età adulta un modo di pensare che aveva senso solo in età infantile.

La teoria di Bowlby evidenzia come gli stili di attaccamento e i disturbi mentali condividano storie evolutive simili e poggino su strutture analoghe sottostanti. I disturbi di tipo clinico insomma possono essere considerati manifestazioni di attaccamenti infantili "non adeguati".

L'intervento terapeutico basato sulla Teoria dell'Attaccamento implica che, se i disturbi mentali con i loro sintomi sono l'esito di distorsioni interpretative inconsapevoli, innescate dai Modelli Operativi Interni, il Terapeuta dovrebbe lavorare proprio su queste distorsioni. In questo modo potrà far acquisire al paziente una graduale consapevolezza del modo in cui funziona la sua mente e far sì che riveda e ristrutturi il suo particolare modo di pensare. Questa revisione richiede un intervento sulle capacità cognitive, su quelle dimensioni che, nel percorso di vita, sono diventate rigide e hanno fatto perdere all'intelligenza le sue caratteristiche di flessibilità e plasticità.

Attraverso un lavoro che richiede tempo e costanza, il paziente dovrà essere portato a elaborare le informazioni secondo quanto realmente accade, o è accaduto, non secondo quanto si aspetta o prevede.
Dovrà essere spino a rintracciare nella memoria la propria storia personale e a rileggere quella e le sue vicende attuali alla luce di nuovi significati.

L'efficacia di una terapia dipenderà dal nuovo senso che il paziente riuscirà a dare alle proprie esperienze, dalla possibilità, in altri termini, che egli sviluppi nel percorso terapeutico quelle capacità di ragionare sul proprio modo di pensare fino ad allora deficitarie, in modo da arrivare a raccontare e raccontarsi un'altra storia.

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