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Articolo di psicologia: «Sostegno psicologico, adolescenza e immigrazione»

Esperienze cliniche con adolescenti migranti

Articolo pubblicato il 18 Dicembre 2017.
L'articolo "Esperienze cliniche con adolescenti migranti" tratta di: Sostegno Psicologico e Adolescenza.
Articolo scritto dal Dott. Roberto Pozzetti.

Esperienze cliniche con adolescenti migranti
"L'altro da me è il filo che ho perso e permette di ritrovarmi "
(Scritto dallo street artist Davide su un muro, nella città di Lecce)

La questione migranti è molto ampia e complessa. Implica, anche negli adulti, enormi ristrettezze economiche, problemi drammatici come quello dei profughi di guerra e pessime esperienze, cattivi incontri vissuti nei viaggi migratori.

Si rischia di leggere la questione delle migrazioni fra due poli estremi. Il primo è quello dell'intimorita xenofobia, che vive il migrante con un terrore del tutto immotivato; il polo opposto si impernia su una esterofilia, su una sorta di fascinazione per lo straniero che ci porta a prediligere sempre chi non è italiano, come si fa con i cantanti inglesi o con i calciatori sudamericani a scapito dei nostri connazionali.

I minori migranti

In quanto collaboratore di Unicef, mi sto dedicando soprattutto alla questione dei minori migranti. Me ne sono occupato a livello clinico, anni or sono, operando in una Comunità per adolescenti messi alla prova (ovvero stavano in questa Comunità, in seguito a reati di varia entità, quale misura alternativa rispetto alla carcerazione) e me ne occupo talvolta in studio.

La pratica clinica con minori migranti porta colleghi come la psicoanalista Noemi Galleani a individuare, in loro pubblicazioni, tre momenti estremamente critici dell'esperienza migratoria:

  • la primissima infanzia, in cui il bimbo neonato, lattante, e la madre devono sintonizzarsi l'uno sull'altra sia a livello dell'alimentazione e delle cure primarie sia in termini relazionali che dovrebbero includere il papà e la famiglia. La migrazione rischia sovente di sconvolgere questo precario equilibrio, stravolgendolo con ripercussioni gravide di amare conseguenze;
  • il periodo dell'inserimento scolastico, soprattutto all'inizio della Scuola Primaria, che pone i bambini e le bambine migranti dinanzi a impervie difficoltà relative al bilinguismo e alle organizzazioni sociali diverse fra la nazione d'origine e l'Italia;
  • l'adolescenza, periodo nel quale si pone comunque, in ogni caso, il problema della tempesta puberale e della progressiva separazione dalla famiglia d'origine, ma che viene certamente inasprito dallo sradicamento territoriale e sociale.

Nei colloqui con adolescenti e preadolescenti migranti, ho incontrato spesso ragazze e ragazzi che sembrano inibiti e imbarazzati; stentano a saperci fare con le proprie risorse e potenzialità. Manca loro una narrazione. Non si riconoscono nella cultura d'origine delle loro famiglie e nemmeno si inseriscono appieno nella nuova realtà dell'Europa Occidentale.

Ho avuto modo di verificare come diversi minori che arrivano qui per un ricongiungimento familiare, dopo essere cresciuti per alcuni anni della loro infanzia in altre parti del mondo, sprovvisti della presenza di almeno uno dei genitori, provano sovente delusione e tristezza verso le figure parentali. In parte questo deriva dall'inevitabile caduta di una certa idealizzazione, relativa alla crescita verso l'essere adolescenti, convivendo e condividendo la quotidianità con un adulto che mostra le proprie umane imperfezioni; per un secondo verso, però, essi accusano i genitori di essersi adattati ai costumi occidentali, senza orgoglio e senza rivendicare una propria tradizione. Attraversano, dunque, il dramma del non sentirsi né carne né pesce in modo esacerbato rispetto a loro coetanei italiani in quanto, oltre al comune non reperirsi né nella condizione di bambini né in quella di adulti, si trovano dinanzi a una carenza di punti di riferimento, nell'intermezzo fra due culture caratterizzati da usi e costumi divergenti.

L'angoscia ispirata da chi non è un simile

Perché vi sono molte difficoltà di accoglienza da parte degli italiani e di inserimento da parte dei migranti? Oltre ai motivi linguistici, culturali, economici, c'è un altro fattore: l'angoscia che l'Altro ispira per il fatto che non è un simile. Trovare qualcuno simile a noi (con analoghe idee, pensieri e interessi) è, infatti, il più efficace ansiolitico. Mentre il simile rassicura, lo straniero ci confronta con un altro straniero nostro intimo: l'inconscio. È una tesi di Freud in base alla quale il non familiare (unheimlich in tedesco là dove heim significa casa) fa parte di noi, è la nostra parte più intima.

Lo straniero riattiva, dunque, il rapporto con il nostro inconscio. L'inconscio è innanzitutto il luogo del desiderio come nel celebre concetto freudiano secondo cui il sogno, via regia per giungere all'inconscio stesso, costituisce una forma di appagamento di un desiderio inconscio. Dove c'è angoscia, è perché c'è anche desiderio. Se avvertite dei segni d'angoscia (come tachicardia, tremore, agitazione) nel momento in cui incontrate qualcuno, è perché lì vi è del desiderio, perché vi interessa.

Un percorso clinico con adolescenti migranti

Ricostruendo i percorsi di cura svolti nei suddetti casi, riusciamo a scorgere tre passaggi di discorso fondamentali.

La presentazione. Questi ragazzi e queste ragazze iniziano quasi sempre il primo colloquio parlando della propria storia. Ci dicono che vengono da un certo paese, quando sono arrivati, ci raccontano del più o meno drammatico viaggio migratorio (sono venuti da soli o con chi ?), ci spiegano in che modo e con quale mezzo di trasporto sono giunti, ci parlano del contesto abitativo ove si sono sistemati.

Il sintomo. Raccontano i motivi immediati per i quali li incontriamo come la difficile integrazione, gli eventuali reati, i sintomi clinici. Quando ci parlano di un sintomo, in qualche caso, lo fanno secondo un concetto di malattia diverso da quello occidentale cui siamo maggiormente abituati (per esempio, alcuni immigrati africani credono che i disturbi psicofisici derivino da omissioni di offerte o preghiere ai loro antenati).

La conclusione. Questi percorsi si concludono, di solito, quando il soggetto trova il proprio modo singolare di integrazione e di inserimento nell'intersezione fra le due culture, quella d'origine e quella occidentale. Precisiamo che un percorso di cura, in psicoanalisi, è sempre un'esperienza di ricerca single case nella quale ciascuno cerca e trova la propria singolarità che lo rende unico, eccezionale, irriducibile a chiunque altro. Indipendentemente dal fatto che sia connazionale o straniero.

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